“Un’altra donna”: recensione

55653h-2P26HVW4Il romanzo d’esordio di Harriet Lane, Un’altra donna, è un thriller psicologico, una corposa favola nera: è la storia di un’ossessione, che passa dal pacato conforto all’amicizia non premeditata, per poi profilarsi come un cauto, strategico e impudente piano di conquista. Narra le vicissitudini di Frances Thorpe, una trentenne piuttosto anonima che vive a Londra e lavora nella redazione letteraria del Questioner. La sua vita professionale e sociale è tranquilla, anzi a dire il vero, è un po’ piatta.

Di ritorno da un weekend a casa dei suoi, si trova ad assistere una sconosciuta in fin di vita dopo un incidente stradale. Mentre aspetta i soccorsi, la donna emette un rantolo e Frances diventa così testimone dei suoi ultimi istanti di vita. Da quel momento in poi, inizierà a scoprire le possibilità di un’esistenza più appagante, venendo a contatto con la famiglia della vittima. Approfittando del fatto che i membri sono tutti scossi dalla perdita di una madre e di una moglie impeccabile, Frances decide di forzare la mano del destino. Così, i legami con i due figli adulti e con l’attraente vedovo, Laurence Kyte, un illustre scrittore, vincitore del Booker Prize, diventano per lei un modo per ricostruirsi un’esistenza meno monotona e più entusiasmante.

Per giunta, la sua vicinanza a una delle famiglie più prestigiose del mondo letterario londinese, fa sì che in ambito lavorativo le vengano assegnati incarichi sempre più importanti. E anche il legame con Polly, la figlia della vittima, porta un certo equilibrio dopo la sconvolgente perdita, spingendo Laurence a guardarla con occhi diversi. Ma questo non è abbastanza: Frances vuole di più, o meglio vuole tutto. Ha conosciuto una vita di cui vuole appropriarsi e per mettere in atto il suo subdolo progetto, deve avere calma e pazienza. Deve sapersi adattare alle circostanze, plasmare il suo umore in base agli eventi e sfruttare le situazioni a suo vantaggio. Riuscirà a compiere la sua folle, spregevole e ardita impresa?

Be’, starà a voi scoprirlo. Di certo, il suo sogno ha un prezzo molto alto: l’onestà.

Per quanto concerne la cifra stilistica di Harriet Lane è semplice, scorrevole e d’impatto. Le descrizioni dettagliate e i ricchi dialoghi offrono un quadro generale della situazione e servono per approfondire la personalità della protagonista, che a più riprese rischierà di essere smascherata, ma la sua ambigua condotta resterà ben salda. Non ci sono leggendari colpi di scena, ma il romanzo riesce a catturare l’attenzione del lettore attraverso il delirio di Frances, la voce narrante dell’intera vicenda, che sa unire lucidità a desiderio, razionalità a morbosità patologica, normalità a fisime inflessibili.

Così, in perenne bilico fra commedia e dramma, l’opera si configura ben calibrata con la sua giusta dose di suspense e decisamente molto attuale. Vi basterà prendere in considerazione la corrente letteraria e filmica del momento, ad esempio per impostazione psicologica (e non per comportamento letale!), Frances ha un non so che di Amy Dunn, il personaggio principale de L’amore bugiardo – Gone Girl interpretato da Rosamund Pike, empia di menzogne, eccessi e di sfaccettature disturbanti. Anche la scialba Frances infatti ha un lato oscuro che protegge, nasconde e rivela al lettore con un filo di tensione che scorre impercettibilmente in ogni pagina, attraverso un racconto netto e ipnotico in grado di far luce su come la brama e gli assilli possano essere serbati e nutriti come tanti minuscoli segreti pericolosi, insidiosi e cruciali, capaci di stravolgere la personalità di una persona pur di realizzare sogni malati. Perché Frances vuole lo schianto del cuore, agogna un’esistenza nuova e non le importa di manipolare la sua natura pur di apparire e di non essere, ma naturalmente c’è sempre la possibilità che sbagli i calcoli. Ma questa è una piccola confidenza che spiffererà soltanto al vostro orecchio. Saprete mantenere le sue confessioni?

Silvia Casini