
“L’autogol più clamoroso”, così con un “mea culpa” il premier Matteo Renzi ha ammesso l’errore compiuto dal suo governo sulle norme riguardanti le Partite Iva. E’ accaduto ieri sera durante un’intervista alla trasmissione di Daria Biganrdi “Le Invasioni barbariche”, su La7. Renzi, rispondendo ad una domanda sulla triplicazione dal 5% al 15% dell’imposta sostitutiva per le Partite Iva aderenti al regime dei minimi, aumento introdotto con la legge di Stabilità, ha detto che è stato “l’autogol più clamoroso” commesso finora dal governo. Poi ha promesso interventi: “Ho fatto un errore – ha detto -, ma adesso la recuperiamo“.
Le recenti normative hanno colpito in modo particolarmente duro le Partite Iva, specie i piccoli professionisti a basso reddito e quelli più giovani, che hanno visto il regime fiscale inasprirsi nei loro confronti. Riguardo ai contribuenti minimi, quelli che rientrano nel regime agevolato che applica loro una tassazione ridotta con un’unica imposta sostitutiva di Irpef e Irap, il governo ha pensato bene, per altro inspiegabilmente e senza ascoltare le grida di allarme che provenivano dalle categorie interessate, di triplicare l’imposta dal 5 al 15% e di abbassare anche le soglie massime di reddito per accedere al regime agevolato, almeno per i liberi professionisti. Infatti, se il limite precedente dei 30.000 euro di reddito annuo è stato portato a 40.000 euro per i commercianti, per i professionisti è stato invece dimezzato a 15.000 euro; lordi va precisato. Solo fino a questa soglia si potrà beneficiare dell’imposta agevolata (triplicata), mentre dal redditto potranno essere detratti esclusivamente i contributi previdenziali e non le spese sostenute nello svolgimento dell’attività, poiché la base imponibile, a cui applicare l’imposta sostitutiva, sarà calcolata secondo un regime forfettario. L’unica concessione da parte del governo è stata quella di cancellare il limite temporale dei 5 anni dall’inizio dell’attività per poter godere del regime agevolato (limite che poteva essere comunque prorogato fino al compimento dei 35 anni di età per i giovani). Regime che però, a seguito delle modifiche intervenute, tanto agevolato non lo è più e infatti in molti pensano di passare direttamente a quello ordinario. Si è venuto pertanto a creare un sistema di imposizione fiscale farraginoso, oltre che estremamente iniquo, e che sa anche di beffa se tornando indietro nel tempo si risale alle promesse di Matteo Renzi, quando all’epoca dell’introduzione del bonus Irpef di 80 euro, per i redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti, affermò che lo avrebbe concesso anche alle Partite Iva più povere. Detto fatto.
Ma non si finisce qui, ad una situazione già difficile, si aggiunge un’ulteriore penalizzazione: l’aumento delle aliquote per i contribuenti iscritti alla gestione separata dell’Inps, introdotto dalla riforma Fornero. La norma, introdotta all’epoca del governo Monti dall’allora Ministro del Lavoro Elsa Fornero, prevede per i professionisti iscritti all’Inps, e non ad altre casse professionali, un aumento progressivo delle aliquote contributive fino al 33% nel 2018, che dal 27,72% in vigore nel 2014 passeranno al 29,72% di quest’anno. Per le piccole Partite Iva si tratta di una vera e propria mazzata, se non un dramma. Un problema grave, già stato denunciato dall’Acta, l’Associazione dei consulenti del terziario avanzato, che aveva messo in guardia su una vera e propria fuga delle piccole Partite Iva dalla gestione separata Inps a causa dell’insostenibilità dell’imposizione contributiva. “Da freelance ci trasformiamo in commercianti della conoscenza. O in artigiani della conoscenza“, avevano avvertito da Acta, annunciando che molti liberi professionisti avrebbero cambiato la natura della loro attività da professionale a commerciale, per poter accedere ad un regime contributivo meno oneroso, e avevano anche messo in guardia sul probabile passaggio al nero per molti altri. “Nel momento in cui si stanziano risorse per dipendenti (80 euro), imprese (irap), artigiani e commercianti (minimi + inps), è paradossale che il lavoro autonomo e professionale divenga il bancomat dello Stato, spingendo sotto la soglia della povertà intere generazioni di lavoratori indipendenti”, si leggeva in una nota di Acta dello scorso novembre. Un allarme lanciato sulla legge di Stabilità allora in corso di approvazione, ma che non è stato ascoltato dal governo.
Intanto, pochi giorni fa, il Ministero dell’Economia ha pubblicato un rapporto sulle Partite Iva, segnalando un vero e proprio boom di aperture lo scorso novembre (+15,5%), soprattutto da parte degli professionisti intenzionati a sfuggire al nuovo penalizzante regime dei minimi per rimanere in quello precedente che resterà in vigore, fino ad esaurimento della sua durata temporale, per tutti coloro che al primo gennaio 2015 risultavano titolari di Partita Iva nel regime dei minimi.
Dopo il mea culpa di Renzi, è arrivato anche quello del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che ha promesso interventi: il governo ha “commesso un errore nella costruzione della norma” che aumenta i contributi per le partite Iva fino al 33% nel 2018 (al livello dei lavoratori dipendenti), ma ha intenzione di rimediare. “Non si aspetterà la prossima legge di stabilità”, ha assicurato, lo faremo sicuramente e presto“. Durante il question time di mercoledì scorso alla Camera, Poletti aveva detto in tema di Partite Iva, come riporta “Il Fatto Quotidiano”, che l’esecutivo è intenzionato “ad intervenire immediatamente per modificare la situazione che si è determinata in un senso diverso da quello che il governo avrebbe voluto“.
Valeria Bellagamba