
La Polizia di Stato di Napoli ha effettuato un fermo nei confronti Fabio Orefice, provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica del tribunale partenopeo, in quanto l’uomo, con precedenti di polizia in materia di stupefacenti, è ritenuto responsabile di detenzione e porto in luogo pubblico di armi comuni da sparo con l’aggravante dell’art. 7 legge 203/91. Orefice è noto perché dopo aver subito un agguato, mesi fa, pubblicò sul suo profilo Facebook, corredato dalle foto delle ferite riportate, un messaggio di sfida contro i suoi sicari: “Il leone è ferito ma non è morto…”.
Inoltre, in quella stessa occasione, pubblicò immagini relative ad armi, lasciando intendere neanche troppo velatamente il suo desiderio di vendetta. I fatti risalgono a metà ottobre, quando Orefice fu colpito alla schiena da tre colpi d’arma da fuoco esplosi da ignoti sicari. L’uomo, ricoverato all’ospedale San Paolo, aveva riferito alle forze dell’ordine, che gli autori dell’aggressione, a bordo di un’autovettura, si erano avvicinati nei pressi della sua abitazione e quello seduto sul lato passeggero aveva esploso diversi colpi di pistola.
Orefice era riuscito a salvarsi, barricandosi all’interno del proprio appartamento, sito al piano terra. Secondo quanto affermano gli inquirenti, che hanno acquisito gravi elementi indiziari, l’uomo – lo scorso 12 dicembre scorso – avrebbe anche messo a segno la sua vendetta, esplodendo, insieme a un complice, alcuni colpi di arma da fuoco contro l’abitazione di un altro pregiudicato, che sarebbe legato in sodalizio al gruppo criminale rivale di quello di Orefice.
I fatti criminosi sono stati monitorati nel quartiere Pianura, ricostruendo l’esistenza di due opposte fazioni criminali, che nel controllo delle piazze dello spaccio avrebbero alzato il tiro, portando a termine anche atti intimidatori e agguati con armi da fuoco. In particolare, dopo il tentato omicidio di Orefice, si sarebbe acuita la contrapposizione, caratterizzata da diverse azioni di rappresagli tra esponenti vicini al gruppo criminale Pesce/Marfella e altri vicini al gruppo criminale Mele, di cui il fermato di oggi fa parte.
GM