
Cinque persone sono state denunciate nell’ambito di un’operazione condotta dal personale del Nucleo Investigativo Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale (Nipaf) di Brescia del Corpo forestale dello Stato; tra loro il veterinario aziendale e i titolari di un incubatoio dove le uova vengono fatte schiudere per poi rivendere i pulcini agli allevamenti avicoli. Secondo quanto accertato dall’inchiesta, le accuse riguardano il maltrattamento e l’uccisione di animali senza giustificato motivo: i pulcini, sebbene in perfette condizioni di salute, venivano al contrario ritenuti non idonei per la commercializzazione al fine della produzione di carne, perché inferiori alle dimensioni richieste o deplumati.
L’accusa sostiene che invece di smaltire i pulcini secondo le normative europee tramite gassificazione o triturazione con sistemi che prevedono la morte istantanea degli animali, questi venivano gettati in cassoni di rifiuti generici e pestati dal personale dell’azienda. Nel corso di perquisizioni, infatti, sono stati rinvenuti all’interno di alcuni contenitori una settantina di pulcini ancora vivi che sono stati sottoposti a sequestro e affidati alla Lav di Verona. Contrariamente a quanto dichiarato dall’azienda sul fatto che non sarebbero stati in grado di sopravvivere, gli animali sequestrati sono tuttora vivi.
All’interno della struttura, le operazioni di scelta degli animali da abbattere erano affidate a semplici operatori e non al veterinario come previsto dalla normativa di settore. Non solo: sono state anche riscontrate diverse irregolarità di tipo amministrativo nei registri, in quanto, per nascondere l’abbattimento irregolare dei pulcini uccisi, questi venivano addirittura dichiarati come scarti di incubatoio, vale a dire gusci, e smaltiti in quanto tali, non attribuendogli il codice di rifiuto corretto cioè sottoprodotto di origine animale ovvero carcasse. L’indagine è partita su iniziativa della Forestale ed è diretta dal Sostituto Procuratore di Brescia, Ambrogio Cassiani.
GM