
Si scagliano contro i decreti legislativi sul Jobs act emanati ieri dal Cdm i deputati del Movimento 5 Stelle, che accusano: “Di crescente è rimasta ormai solo la precarietà e il taglio, tanto strombazzato, delle forme contrattuali è una montagna che ha partorito il topolino. È scandaloso aver debordato dai limiti di una delega peraltro molto vaga estendendo la nuova disciplina dei licenziamenti anche a quelli collettivi”.
Secondo i deputati pentastellati, “si torna a una concezione ottocentesca della relazione datore-lavoratore che snatura pure il rapporto tra le parti sociali. Inoltre, rimangono in piedi forme precarie come il lavoro a chiamata e si gonfierà il fenomeno degli abusi legati al lavoro accessorio e ai voucher. Senza dimenticare la penalizzazione della parte formativa dell’apprendistato”.
Poi spiegano ancora: “Saluteremmo con favore l’abolizione delle collaborazioni e il chiarimento dei criteri della subordinazione, ma sul fronte degli ammortizzatori rimane l’ambiguità sui parasubordinati e la ‘discoll’. Sul fronte della Naspi, tutele basate sulla capacità contributiva sono l’opposto della protezione universale sbandierata dal governo, necessaria in un mercato del lavoro più flessibile e garantita soltanto dal nostro progetto di Reddito di cittadinanza”.
Si chiude la nota dei deputati del Movimento 5 Stelle: “Come al solito, i pareri delle commissioni sono stati ignorati e il Parlamento è stato calpestato. Per Renzi è meglio dar retta a Confindustria piuttosto che alle Camere sovrane. Noi non ci stiamo e continueremo a denunciare la deriva vetero-liberista del governo, deriva sconfitta dalla crisi e dalla storia”.
GM