
In India, lo stupro è una vera e propria piaga sociale. L’episodio di due giorni fa, con la folla che ha eseguito il linciaggio del violentatore Syed Farid Khan, è stato di una violenza inenarrabile e ha dimostrato che la misura è davvero colma. Troppi i casi di violenza sulle donne, anche in tenerissima età: le autorità e le istituzioni devono intervenire con urgenza. Per il momento però, l’unica notizia è che la polizia indiana ha proceduto con l’arresto di 42 delle persone coinvolte con il linciaggio di Khan, accusato di stupro, detenuto nella prigione di Dimapur, “sequestrato” dalla folla in circostanze ancora tutte da chiarire e ucciso a sassate. La polizia era dovuta intervenire imponendo anche il coprifuoco per ripristinare l’ordine. La polizia ha spiegato che Khan era un uomo d’affari musulmano proveniente dallo stato di Assam. Ci sono diverse versioni contrastanti sulla dinamica del linciaggio, in particolare su come la folla sia riuscita ad accedere all’uomo in cella. Il linciaggio è avvenuto nel bel mezzo di un clima di fermento dovuto alla decisione del governo di bandire la trasmissione del documentario India’s Daughter, opera che trattava lo stupro di gruppo di una giovane studentessa avvenuto a New Delhi nel 2012 (gli stupratori, ancora oggi, si dichiarano convinti della giustezza del misfatto). Ma i media locali parlano dell’omicidio collegandolo anche a crescenti tensioni etniche nello Stato di Nagaland, dove i locali non accettano l’immigrazione proveniente dallo Stato di Assam e dal Bangladesh.
CM