“Quel giorno Andreas Lubitz non poteva volare”. Il silenzio della Lufthansa

Forze di polizia fuori dalla casa di Andreas Lubitz (Thomas Lohnes/Getty Images)

Forse non si conosceranno mai i veri moventi che hanno spinto Andreas Lubitz a decidere di distruggere  l’Airbus A320 e di porre fine alla sua e alla vita di altre 149 persone a bordo. Quando il suo nome cominciò ad essere associato alla causa del disastro la  Lufthansa si è affrettata a comunicare  che Lubitz aveva superato tutti i test medici e psicologici. Il problema non sembrava nascere nell’ambito professionale di Lubitz, ma nella sua sfera privata e personale, nella misura in cui abbia un senso fare distinzioni del genere per un professionista che quasi ogni giorno è responsabile della sicurezza e della vita di centinaia di persone.  Dinanzi al disastro le rassicurazioni non sno servite a nulla, ed erano comunque immediatamente circolate le illazioni, riferite da conoscenti e amici di famiglia, relative alla sua depressione.

Sei anni fa aveva interrotto il suo periodo di addestramento per un anno e mezzo durante il quale avrebbe subito un trattamento psichiatrico. Un episodio patologico ricondotto alla normalità, così sembrava. Ma la storia medica di Lubitz, era più complessa di quello che la compagna aerea ha reso noto. Secondo il  tabloid Bild che cita fonti della stessa compagnia tedesca Andreas Lubitz era stato giudicato sei anni fa “‘non idoneo al volo” durante l’addestramento presso la Lufthansa di Phoenix, negli Usa frequentato dal 2008.  Es arebbe stato “più volte retrocesso” durante l’addestramento. Nel corso dell’anno successivo scrive ancora  il “Bild” gli è stato diagnosticato ‘un grave episodio depressivo” apparentemente “rientrato”.  La stringatezza della comunicazione non copre la sostanza del problema: Lubitz sarebbe stato sotto trattamento psichiatrico. E qui le voci discordano: si parla di sei mesi e di un periodo considerevolmente  maggiore: non meno di un anno e mezzo,  a causa del quale Lubitz dovette interrompere  la formazione nella scuola aerea Lufthansa. L’episodio è stato ammesso ieri  nel corso di una conferenza stampa dall’ad  di Lufthansa Carsten Spohr. Il manager  tuttavia non ha reso noto  a cosa era stata dovuta l’interruzione, richiamandosi ai doveri di tutela della privacy. Una diga che ha retto poche ore. E il problema non riguardava solo il passato

Secondo gli inquirenti tedeschi, il copilota presumibilmente nascose il persistere della sua “malattia” alla Germanwings. L’ipotesi sembra confermata da alcuni documenti rinvenuti dalla procura di Dusseldorf i nel suo appartamento. Lo riferisce lo “Spiegel” che rende noto come gli inquirenti avrebbero rinvenuto  più documenti medici che attesterebbero uno stato patologico e un trattamento medico in corso: certificati di malattia recenti che arrivano fino al giorno della tragedia. Se l’indiscrezione fosse confermate si giungerebbe a concludere che quel  giorno Lubitz non avrebbe dovuto volare. La documentazione  medica porta anche a conclusioni ulteriori: quella del copilota non sarebbe stata in tal caso una crisi improvvisa, ma un progetto assistito dalla ferma determinazione a schiantare l’aereo contro qualcosa – un monte o peggio una città – e trascinare tutti con sé.   Una circostanza che rafforza l’ipotesi che Lubitz abbia tenuto nascosto al proprio datore di lavoro nell’ambito professionale la propria malattia.

Armando Del Bello