
Il gup di Milano Alessandra Simion ha condannato a 8 anni di carcere e 3 di casa di cura il ghanese Adam Kabobo, processato con rito abbreviato per i due tentati omicidi commessi l’11 maggio 2013, quando aggredì diversi passanti, uccidendone tre. Uno dei due feriti, costituitosi parte civile, ha ottenuto un risarcimento di trentamila euro. Per il triplice omicidio, Kabobo è già stato condannato a 20 anni di appello.
Venne infatti confermata due mesi fa la condanna in primo grado disposta dal gup del tribunale di Milano, Manuela Scudieri. Confermati anche tre anni di cura in un istituto di igiene mentale nel periodo post-detenzione. Dopo la sentenza di primo grado, Andrea Masini, figlio di una delle vittime della furia omicida di Kabobo, espresse così tutta la propria delusione: “In qualsiasi altro Paese, come negli Stati Uniti, Kabobo sarebbe stato condannato alla pena di morte o all’ergastolo”.
Nelle motivazioni della sentenza d’appello si legge: “Kabobo assegna a se stesso il ruolo di colui che tiene conto di ciò che, secondo la narrazione delle ‘voci’, avveniva nei suoi territori di origine, e poi decide e si determina all’azione omicida. Prende a spunto ciò che le ‘vocì gli dicono e agisce in analogia a quanto gli narrano le ‘voci’ ma nel perseguimento dei suoi lucidi obiettivi”.
Si legge ancora nelle motivazioni: “La relazione clinica che i periti instaurano con l’imputato fa emergere anche un’altra motivazione della condotta di Kabobo che è estranea rispetto a ciò che ‘le voci’ gli ‘suggerivano’ e che rende palese la sussistenza di una residua capacità del periziando a esercitare i poteri di conduzione e di autodeterminazione della propria azione, indirizzandola verso i fini che egli ha perseguito e operando al riparo dalle ‘contaminazioni’ psicotiche che lo assediano”.
GM