
Il sindaco di Ischia Giuseppe “Giosi” Ferrandino, che si trova in carcere dallo scorso 30 marzo per le tangenti sugli appalti per il metano sull’isola, ha ritirato le proprie dimissioni dalla carica di primo cittadino. Ferrandino si era dimesso il primo aprile e il Parto democratico lo aveva sospeso. La decisione era stata annunciata dal primo cittadino con una lettera scritta a mano e indirizzata al prefetto di Napoli e al segretario comunale di Ischia. Ora, visto il ripensamento e la data in cui le dimissioni furono presentate, viene quasi da pensare, scherzandoci su, ad un pesce d’aprile.
Ferrandino ha infatti ritirato le proprie dimissioni lunedì scorso, 20 aprile (la notizia si è appresa solo oggi), ovvero nell’ultimo giorno utile prima che queste diventassero esecutive.
Nel frattempo, ieri si è svolta l’udienza davanti al Tribunale del Riesame nella quale gli avvocati difensori del sindaco non più dimissionario di Ischia hanno chiesto per il loro assistito la scarcerazione.
Giosi Ferrandino è coinvolto nell’inchiesta per i lavori di metanizzazione dei comuni dell’Isola di Ischia, in cui è indagata anche la cooperativa modenese CPL Concordia, con l’ex presidente Roberto Casari e alcuni dirigenti finiti agli arresti. In carcere con il sindaco Ischia è finito anche suo fratello, Massimo Ferrandino. I reati, contestati a vario titolo agli indagati, vanno dall’associazione per delinquere alla corruzione, anche internazionale, dalla turbata libertà degli incanti al riciclaggio, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Napoli e vede impegnati i pm John Woodcock, Carrano e Loreto.
Stando alle accuse dei magistrati, la CPL Concordia avrebbe pagato, in due tranche, una tangente da 330mila euro al sindaco di Ischia per aggiudicarsi gli appalti per i lavori di metanizzazione dei comuni dell’isola.
L’inchiesta ha avuto forte eco nazionale, oltre che per il coinvolgimento di uno dei colossi delle cosiddette cooperative rosse emiliane, anche per il nome di Massimo D’Alema che è spuntato fuori dalle intercettazioni, pur non essendo minimamente coinvolto nella vicenda. Il nome di D’Alema era stato fatto da uno degli arrestati in relazione ai rapporti tra l’esponente del Pd, ex premier ed ex presidente del Copaisr, con la CPL Concordia, rapporti che D’Alema ha ribadito essere stati del tutto trasparenti, minacciando querele nei confronti di chiunque voglia insinuare alcunché.
V.B.