
Morso dalla vedova nera, nome comune del Latrodectus mactans, uno dei ragni più velenosi in circolazione, anche se in Italia la sua derivazione, il Latrodectus tredecimguttatus, chiamato malmignatta o vedova nera mediterranea, è considerata meno pericolosa e mortale: è accaduto in un paese del Salento. L’ultimo episodio si era registrato quasi vent’anni fa, il 4 luglio 1996. Da allora, nessun caso accertato, ma la storia di questo ragno è legata anche alla tradizione popolare e a quello che viene denominato comunemente come “morso della taranta”.
La fortuna del giovane 34enne, punto dall’insetto, è quella di aver incontrato sulla sua strada Roberto Pepe, leccese, infermiere professionale specializzato in anestesia e anche aracnologo presso il Museo di storia naturale e osservatorio faunistico provinciale che ha sede a Calimera. Il morso del ragno è avvenuto in una masseria vicino l’aeroporto “Lecce-Lepore”, dove il giovane si trovava insieme a un amico e stava raccogliendo del timo. A un certo punto, i due hanno visto uscire allo scoperto alcuni ragni e di lì a poco il 34enne ha sentito pungere la gamba, poi un prurito.
Il morso della femmina di questo ragno può provocare sudorazione, nausea, conati di vomito, febbre, cefalea, forti crampi addominali e nei casi più gravi perdita di sensi e talvolta morte. Quattro i decessi accertati quasi trent’anni fa, nel 1987, nel nostro Paese, due dei quali nella sola Genova. In Sardegna il ragno viene definito argia e anche in questo caso scienza e tradizione popolare si intersecano.
GIUSEPPE GABRIELE MASTROLEO