Chiedevano aiuto alla parrocchia, soldi spesi in “bella vita”

Una messa (PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images)
Una messa (PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images)

“Ho bisogno di un aiuto, è morto un parente nel mio Paese e dobbiamo pagare i funerali” oppure “Padre, un piccolo prestito per poter pagare il dentista”: queste alcune delle richieste che tre tunisini residenti nel Veneto, tra Belluno e Treviso, fingendosi disperati, hanno avanzato per mesi a diversi sacerdoti – si parla di decine di casi – del Nord-Est. I parroci, da parte loro, venivano impietositi da questi racconti e non mancavano così di elargire laute somme in “beneficenza”.

Solo nelle scorse ore è emersa la verità: quella messa in piedi dai tre tunisini era una vera e propria truffa, architettata ai danni di diverse parrocchie, con i sacerdoti che nel frattempo avevano sborsato decine di migliaia di euro pensando di fare opere caritatevoli. I proventi del lucroso affare fatti dai tre, secondo i carabinieri di Castelfranco Veneto che hanno scoperto le trame dei tunisini, servivano per foraggiare la loro “bella vita”.

Da quanto si apprende, molti dei sacerdoti coinvolti si erano accorti dell’imbroglio ma non hanno mai denunciato quanto avveniva un po’ per timore di una ritorsione, un po’ per tenere fede al segreto confessionale. Solo quando le forze dell’ordine li hanno messi di fronte alla realtà dei fatti, qualcuno di loro ha deciso di rompere il silenzio e di confessare di aver sborsato grosse somme di denaro, spesso provenienti dalle offerte dei fedeli. Alcuni dei sacerdoti – secondo quanto è stato reso noto – avrebbero persino prelevato denaro dal Fondo di Solidarietà delle proprie parrocchie, pur di aiutare dei malintenzionati travestiti da disperati.

GM