
Voto anticipato sulla Regione Sicilia. La decisione sembra ormai presa dal Partito Democratico e incombe come un’ombra sul destino politico e personale di Rosario Crocetta il presidente che in poche ore ha visto la sua vita rivoltata come un guanto, ha pensato di lasciare tutto, ha passato notti’ insonni a rivoltarsi nel letto e si ritrova dopo tre giorni come un Lazzaro senza miracolo, che si è resuscitato da solo, un po’ per rabbia un po’ per inerzia perché no, non può finire così, a suo avviso. Rosario Crocetta ha parlato come un uomo che non volesse più vivere ed oggi, nel giorno della commemorazione di Giovanni Borsellino, come un uomo che in cuor suo vuole morire, ma a modo suo, non seguendo il tracciato che ritiene segnato da altri. Perché Rosario si sente vittima della cattiveria altrui, non molto distante, in questo, da quel magistrato che è e rimane molto più di un’icona: è una ferita. Il ricordo di quel martire civile è un richiamo, è un’ offesa quel suo destino compiutosi il 19 luglio di 23 anni fa. Un evento così traumatico nella storia della Sicilia che il non aver replicato ad una frase offensiva contro la figlia prediletta del magistrato, Lucia – “Quella deve fare la fine del padre “ avrebbe detto il medico personale di Crocetta e il governatore, qui la sua colpa, non avrebbe replicato – ha rappresentato, politicamente, una sciagura ben più pesante delle pur copiose traversie del suo governo.
L’intercettazione – che conterrebbe la frase dello scandalo – è stata smentita dalla Procura, con il Ministro Alfano che ha confuso quel poche rimaneva da confondere, paventando la possibilità che l’intercettazione forse esiste davvero sebbene non si trovi lì dove dovrebbe essere, tra gli atti istruttori. La Sicilia di sempre, viene da pensare, un canovaccio alla Sciascia dove Crocetta si prepara a combattere una battaglia forse definitiva, in un’estate che è e verrà ricordata caldissima. Forse fredda, per lui, che vede sicari ovunque e ombre. Forse l’unico contorno nitido viene proprio da Roma, dal Nazareno, che manda plenipotenziari in Sicilia per preparare il colpo di mano e dove di resurrezioni politiche del Crocetta non vogliono sentirne parlare. Gli preparano la fossa, invece, visto che non h capito di essersela scavata da solo, con quel suo maledetto silenzio. Già il silenzio. Forse tutto si riduce ad un problema di parole e di silenzi.
Ieri Manfredi Borsellino ha sillabato parole pesanti come pietre, dure e commosse, di fronte ad un Presidente della Repubblica rimasto in silenzio, per descrivere il gorgo che quasi travolgeva la sorella durante l’esperienza nella giunta Crocetta: “E’ stato un calvario”. Ora la croce grava su altre spalle: su Rosario che, diversamente da Manfredi, sembra aver sbagliato fatalmente i tempi. Oggi, nel giorno dove le massime autorità hanno tenuto un minuto di silenzio in ricordo del magistrato il governatore parla per dire che non si dimetterà. E intanto un vertice di maggioranza è già convocato per decidere come e in che tempi chiudere l’esperienza di governo a guida Crocetta. “Il Pd vuole le mie dimissioni? Mai, mi sfiducino se vogliono, così passeranno alla storia come coloro che hanno ammazzato il primo governo antimafia della storia siciliana”dice Rosario ed è come tornasse a paure della giovinezza, turbamenti che sembravano vinti: “Ho sentito che su di me circolano altre voci, alcune riguardano la mia sessualità ma io non ho nulla da nascondere. Non c’è nulla su di me, la mia storia è limpida”. Limpida come può esserlo il silenzio, questo è il problema.
ADB
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