Permessi di soggiorno, la Corte Ue condanna l’Italia

In fila per il permesso di soggiorno (Spencer Platt/Newsmakers)
In fila per il permesso di soggiorno (Spencer Platt/Newsmakers)

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha bocciato la normativa italiana che impone ai cittadini di Paesi terzi di pagare un contributo di importo variabile tra 80 e 200 euro per il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno: in sostanza viene denunciata la disparità tra il costo per il rilascio della carta d’identità e il versamento da 73.50 euro a cui è obbligato chi voglia ottenere un permesso di soggiorno. I costi dell’integrazione sono soggetti a potere discrezionale del singolo Stato, ma secondo la Corte Ue ciò “non è illimitato, non può compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva e deve rispettare il principio di proporzionalità”.

Sottolinea la Corte Ue che il costo è “sproporzionato rispetto alla finalità dalla normativa Ue, e può creare ostacoli all’esercizio dei diritti”. Inoltre, l’incidenza economica del contributo “può essere considerevole, a maggior ragione per il fatto che, in considerazione della durata dei permessi e del loro rinnovo, deve essere pagato assai di frequente”. Messa in evidenza quindi la breve durata del permesso di soggiorno, ragione per cui il problema del costo eccessivo deve essere moltiplicato per il numero di volte che il cittadino straniero deve rinnovarlo. La sentenza della Corte Ue nasce da un ricorso della Cgil e dell’Inca, l’Istituto Nazionale Confederale Assistenza, al Tar del Lazio contro le normative applicate in Italia.

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GM