
In risposta alle critiche ricevute da Bruxelles e soprattutto da Angela Merkel e Francois Hollande e in risposta alle osservazioni formali pervenute da parte di Easo (l’Agenzia europea per i profughi) l’Italia ha scritto oggi una lettera in cui difende il proprio operato e spiega quali siano le difficoltà oggettive nei procedimenti di identificazione e registrazione dei migranti.
La missiva sarà trasmessa stamattina dal capo della polizia Alessandro Pansa e sarà recapitata al direttore generale per gli Affari Interni e l’Immigrazione Matthias Ruete. L’Italia sottolinea di aver “raddoppiato il numero delle persone fotosegnalate” e di essere “perfettamente in regola con quanto previsto dalle norme europee”. L’unico problema? L’ostacolo principale è rappresentato da “eritrei e siriani che rifiutano di farsi prendere le impronte digitali nel timore di non poter poi raggiungere lo Stato che hanno scelto come destinazione finale e dunque vengono soltanto fotografati”.
Tra le critiche ricevute dall’agenzia per i profughi c’era quella di aver identificato “appena 30 mila stranieri, rispetto ai 90 mila che risultano presenti nei centri di accoglienza”. Su questo punto il Viminale spiega di aver seguito “le procedure stabilite”, sottolinea che “su 90 mila stranieri entrati nel nostro Paese, conosciamo l’identità di ben 60 mila” e si giustifica spiegando ancora una volta il problema di chi si rifiuta di lasciare le proprie impronte digitali. Queste persone, come accade anche in altri Paesi, al momento dell’identificazione tengono il pugno chiuso e i pubblici ufficiali sono “costretti a fermarsi per evitare che la situazione possa degenerare”. I profughi sanno bene che in base agli accordi di Dublino chi chiede il riconoscimento dello status di rifugiato deve rimanere nel Paese di primo ingresso fino alla fine dell’iter burocratico e proprio per questo chi vuole raggiungere altre mete europee si rifiuta di farsi riconoscere dall’Italia.
F.B.
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