Libia, ucciso il capo dei trafficanti d’uomini. Sono stati gli italiani?

Libia Tripoli
(MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)

E’ stato ucciso Salah Al-Maskhout, uno dei più attivi e influenti trafficanti di uomini che si occupa di portare soprattutto in Italia migliaia di libici a qualsiasi costo e in qualsiasi modo, speculando spesso sulla povera gente e lasciando morire centinaia di persone. Il criminale è stato vittima di un conflitto a fuoco avvenuto a Tripoli e con lui sono morte anche le sue otto guardie del corpo. Un vero e proprio agguato avvenuto mentre si trovava a casa di parenti ad opera di almeno quattro uomini armati. Il giornale Libya Herald ha sottolineato che gli uomini di Maskhout erano armati di AK47 e che quindi chi ha compiuto l’operazione doveva essere ben equipaggiato e molto ben addestrato.

Dopo l’uccisione si sono scatenate le speculazioni su chi potesse aver agito. Tripoli ha accusato l’Italia basandosi su alcune testimonianze non meglio precisate che sostengono che nel commando ci fossero persone che parlavano la nostra lingua. E anche secondo il presidente del Parlamento “parallelo” di Tripoli (il cui governo non è riconosciuto dall’Occidente) Nouri Abu Sahmain a uccidere lo scafista sarebbero state forze speciali italiane. La Farnesina ha, com’è ovvio, immediatamente smentito qualsiasi tipo di coinvolgimento nella vicenda. Ma i dubbi restano, anche se la pista più probabile è un regolamento di conti tra bande che fanno lo stesso mestiere, quello di trafficanti d’uomini.

F.B.