
A metà maggio, un ragazzo di 20 anni di Cerveteri è stato ucciso da un colpo di pistola sparato dal padre della sua fidanzata, un luogotenente della Marina militare di 48 anni, Antonio Ciontoli. La prima ipotesi fu quella di un colpo partito involontariamente, mentre il militare stava pulendo l’arma, che avrebbe ferito mortalmente il ragazzo ad una spalla, ma col passare dei giorni l’omicidio di Marco Vannini – questo il nome del giovane – assunse sempre più i contorni del giallo.
In particolare, a suscitare dubbi e perplessità sulla dinamica dei fatti sono state due telefonate di richiesta di soccorso arrivate al 118 dopo la sparatoria, a circa mezz’ora di distanza l’una dall’altra. La prima risale alle 23.43, con la richiesta di soccorso per un ragazzo colto da malore per spavento, e l’avrebbe fatta il figlio del militare e fratello della fidanzata della vittima, insieme alla madre. La seconda è arrivata 28 minuti dopo, questa volta a chiamare sarebbe stato lo stesso militare che ha sparato il colpo di pistola al ragazzo, ma avrebbe chiesto l’intervento dei soccorsi per una caduta nella doccia.
Per fare chiarezza e sciogliere ogni dubbio su quanto accaduto quella sera, la Procura di Civitavecchia ha deciso di indagare per omicidio volontario tutti i componenti della famiglia di Antonio Ciontoli, che peraltro già dalle ore successive venne indagato per il medesimo reato. A renderlo noto è il sito di ‘Panorama’, secondo cui l’iscrizione nel registro degli indagati riguarderebbe, oltre al militare 48enne, la moglie, la figlia, il fratello e la fidanzata di quest’ultimo.
In particolare, sotto l’attenzione degli inquirenti è finita la seconda telefonata al 118, in cui Ciontoli non parlò di colpi d’arma da fuoco, ma affermò: “Venite che il ragazzo è caduto nella doccia e si è ferito con un pettine appuntito”. Il mistero riguarda inoltre la tempistica con la quale vennero chiamati i soccorsi: sembra infatti che la prima chiamata sia partita ben 20 minuti dopo l’esplosione del colpo che uccise il giovane ventenne.
GM