‘Il Fatto’ insiste: Gli ‘scontrini’ di Renzi non sono online

Matteo Renzi (ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)
Matteo Renzi (ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)

Dopo l’inchiesta su pranzi e cene di Matteo Renzi da presidente della Provincia e poi sindaco di Firenze, pubblicata domenica da ‘Il Fatto Quotidiano’, che ha messo in evidenza in particolare la parole di un ristoratore, Lino Amantini, secondo il quale l’attuale premier era un cliente abituale e il conto veniva spedito direttamente a Palazzo Vecchio, il principale inquilino di Palazzo Chigi, in un sms al direttore del giornale, Marco Travaglio, aveva sottolineato tra l’altro: “Io ho messo online tutte le spese, per primo in Italia”.

Così, mentre la Corte dei Conti ha deciso di vederci chiaro, aprendo un’istruttoria, Davide Vecchi sul ‘Fatto’ pone a Renzi alcune osservazioni, innanzitutto che “il pranzo di cui abbiamo chiesto a Lino Amantini non risale al 2006, ma al 5 giugno 2007. Il conto era di 1.050 euro, come risulta dai documenti della Corte dei Conti”, poi che “per i soli pasti, in cinque anni, l’attuale premier fece spendere alla Provincia quasi 600mila euro”.

Quindi una domanda: “Ignazio Marino ha dettagliato i nomi dei suoi commensali, e sette volte è stato smentito, ragion per cui Renzi ne ha preteso le dimissioni. Può Renzi essere così cortese da fare altrettanto? E anche quelli dei suoi viaggi all’estero?”. Vecchi insiste: “È vero che all’epoca Renzi era ancora in Provincia. Ma non è vero che le spese di rappresentanza della Provincia e del Comune le abbia messe online per primo in Italia, come ci ha scritto”.

Il giornalista infine ricorda che “il dettaglio delle spese di rappresentanza sostenute negli anni di Renzi sindaco non è possibile conoscerlo. Non solo online non si trova, salvo alcune voci generiche e prive di dettagli sulle spese. Ma alcuni consiglieri comunali di opposizione hanno più volte chiesto al Comune di Firenze il rendiconto voce per voce, e si sono visti negare l’accesso agli atti”.

GM