Caso Bozzoli, un operaio: “Quella sera l’impianto fu riacceso”

Mario Bozzoli (screen shoot you tube)
Mario Bozzoli (screen shoot you tube)

Proseguono le indagini per capire cosa sia successo a Mario Bozzoli la sera dell’8 ottobre, giorno della scomparsa dell’imprenditore bresciano. Molto probabilmente, quella sera, l’impianto delle fonderie Bozzoli fu riattivato per una fiammata anomala. E’ questa la testimonianza di uno degli operai dell’azienda che potrebbe far luce su questo intricato mistero di Marcheno che avvolge l’imprenditore bresciano e uno dei suo dipendenti, Giuseppe Ghirlandini.

Gli investigatori non avrebbero ormai più dubbi sull’esistenza di un legame fra i due casi. Per gli inquirenti Mario, non è mai uscito dalla sua fonderia. Per i carabinieri questo è un puzzle che fa ricostruito pezzo per pezzo. L’attenzione al momento rimane puntata sui forni interni alla Bozzoli e l’avvocato Patrizia Scalvi, avvocato nominato dalla moglie e dai figli di Mario Bozzoli, a tal proposito,  ha nominato un nuovo perito. Si tratta di Giovina Marina La Vecchia, ordinario di metallurgia all’Università di Brescia. “Le chiediamo di chiarirci come funziona il forno e se c’è possibilità eventualmente di trovare tracce qualora l’imprenditore sia realmente finito in uno dei forni della ditta” ha spiegato il legale.

Le  due bottigliette accanto al corpo di Gherardini

Il Quotidiano Nazionale ha riportato che  ci sarebbe anche un altro elemento ritenuto importante dagli inquirenti. Peppe Gherardini, trovato morto domenica sopra Ponte di Legno, aveva con sé due bottigliette entrambe vuote. Sul cadavere  non sono stati trovati segni di violenza, ma è ancora presto per poter parlare di morte naturale: i test scientifici sulle bottigliette potrebbero infatti essere decisivi per far luce sulle cause del decesso.

MD