“Quella sera nessuno cercò Yara, poteva essere salvata”

Yara Gambirasio
Yara Gambirasio

Mentre Yara moriva, da sola,  in un campo isolato di Chignolo d’Isola, si cercava da un’altra parte, lontano da quell’area abbandonata dove si erano già consumati stupri e violenze, come emerso nel corso delle indagini successive al suo ritrovamento. Quel 26 novembre 2010, la giovane ginnasta di Brembate,  incrociò il padre di un’amica, scambiò qualche sms con Martina, poi il nulla più totale. Il buco, quel vuoto, coincise con l’incontro dell’assassino che secondo la procura e la pm Letizia Ruggeri, sarebbe Massimo Bossetti.

Maura, la mamma di Yara, aveva pensato a una ragazzata e aveva tentato di rintracciarla chiamandola al cellulare. Secondo quanto riferisce TgCom, la mamma lanciò l’allarme subito dopo, il padre Fulvio si recò dai carabinieri alle 20.30 di quella sera per chiedere l’intervento immediato delle forze dell’ordine.Tra rassicurazioni su presunte ragazzate e un tergiversare rivelatosi inutile, si perse troppo tempo sostiene nella sua inchiesta il settimanale Oggi. Tra geolocalizzazioni fuorvianti e mancati accertamenti presso gli ospedali della zona, il tempo è scivolato senza condurre a Yara.

I cani molecolari intervennero solo il lunedì successivo alla scomparsa della ragazzina che, a causa del gelo, secondo quanto stabilito dagli esami effettuati dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, morì in quella distesa ghiacciata dove è stata ritrovata senza vita.

MD