
Nel giorno del nuovo disastro aereo in Sud Sudan David Cameron rompe il “protocollo della prudenza” sul disastro dell’Airbus russi precipitato nel Sinai. Londra parla ufficialmente di attentato. “E’ stata una bomba a far cadere l’aereo russo nel Sinai”. Ad affermarlo è Downing Street, l’ufficio del premier britannico, dove oggi è giunto in visita il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi. La dichiarazione rende noto che Londra decide la “sospensione immediata” di tutti i voli in partenza da Sharm el-Sheik, la località sul Mar Rosso da dove il volo russo era partito con 224 persone a bordo. David Cameron quindi non attende che si concluda l’esame delle scatole nere necessario per decifrare il disastro dell’Arirbus russo. Il comunicato di Londra segue il rincorrersi di elementi, spesso accompagnati da indiscrezioni, che stanno via via diradando la trama di ipotesi intorno al disastro e sembrano concentrarsi su alcune circostanze cruciali.
Le scatole nere
Perché i dati delle scatole nere, con la registrazione dei parametri di volo e dei suoni in cabina, potrebbero essere decisivi a capire se si sia trattato di un incidente o di un attentato, tesi sostenuta dalla compagnia low cost Metrojet. Le prime informazioni parlavano di uno scenario che sembrava escludere l’ipotesi di un guasto: negli ultimi minuti prima dello schianto sarebbero stati registrati non meglio specificati “suoni di fondo anomali per un volo regolare”. Le prime indiscrezioni sull’inchiesta parlano di una situazione che “fino a quattro minuti prima della scomparsa dell’aereo dagli scherni radar” appariva “standard” con i piloti e gli altri membri dell’equipaggio impegnati in “comunicazioni di routine”. Alla torre di controllo non era segnala alcuna avaria. A bordo si sarebbe creata una situazione improvvisa e inaspettata e l’equipaggio non sarebbe riuscito ad inviare un segnale di aiuto.
Gli oggetti
Oltre ai suoni gli oggetti. Secondo la Tass “frammenti di qualcosa che non faceva parte dell’aereo” sarebbero stati trovati sul luogo in cui l’Airbus è precipitato. Non è chiaro al momento se tali frammenti appartengano a suppellettili di qualche passeggero, materiali che si trovavano nel terreno o se siano da ascriversi a qualche “fattore esterno” che possa aver determinato lo schianto. Le voci intanto si intensificano. Un medico egiziano che ha esaminato i corpi di alcune vittime secondo quanto riportato dalla tv russa “RT” avrebbe riscontrato che “in alcuni casi mostrano i segni di un’esplosione». Un’altra fonte citata dalla Cnn avrebbe affermato che “dentro alcuni corpi c’erano pezzi di metallo”. Sono elementi che avvalorano la possibilità di un’esplosione e, in particolare, quella di una bomba nel pressi del motore. Una tesi rafforzata dalla mancanza, al momento, di segni capaci di evidenziare un impatto esterno sulla superficie dell’A32. L’agenzia Interfax riferisce che “un esame iniziale degli elementi integri della superficie, incluso l’impennaggio della coda, non ha rivelato un impatto di fattori esterni”. Una fonte, riportata dalla stessa agenzia, ipotizza “un guasto dentro l’aereo che avrebbe causato un danneggiamento della parte destra dalla coda”.
Il “lampo di calore”
Elementi che vanno a sovrapporsi con un altro: il “lampo di calore” riscontrato dai satelliti di sorveglianza Usa nell’area del velivolo, la penisola del Sinai, nel momento in cui stava passando l’aereo russo. A riferirlo la Cnn che parla di un’indiscrezione proveniente direttamente dal Pentagono. I servizi segreti americani e funzionari militari starebbero analizzando i dati per determinare se il lampo si sia verificato a mezz’aria o sul terreno. Non è chiaro se la Russia chiederà i dati satellitari agli Stati Uniti ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. “E’ in corso una nostra inchiesta indipendente così come la stanno conducendo le autorità egiziane”. Esperti di parte russa parteciperanno a tutte le fasi dell’indagine ha intanto annunciato oggi il ministro dei Trasporti russo, Maxim Sokolov, intervistato dalla rete televisiva Rossiya 1. “Gli esperti russi della Rosaviatsia e della stessa Kogalymavia, insieme a quelli della corporazione di stato per il controllo del traffico aereo e del comitato interstatale per l’aviazione hanno iniziato il proprio lavoro il primo novembre” ha riferito Sokolov. E se il portavoce del Cremlino, in attesa dell’esito delle indagini, ha evitato di rilasciare commenti sulla presenza di oggetti che non facevano parte dell’aereo sul luogo dello schianto è Londra a parlare ufficialmente di attentato. Presto potrebbe non essere la sola Downing Street ad esprimersi in questi termini. La svolta, quella vera, sarà quando alle medesime conclusioni arriverà, ufficialmente, anche il Cremlino.
Armando Del Bello