Terrorismo, la jihad in casa nostra: 17 arresti

Mullah Krekar (ROALD, BERIT/AFP/Getty Images)
Mullah Krekar (ROALD, BERIT/AFP/Getty Images)

I Ros dei carabinieri hanno sgominato nelle scorse ore un’organizzazione terroristica che aveva in Norvegia ma radicazioni in diversi Paesi europei, compresa l’Italia, dove la cellula – secondo gli investigatori – era “molto attiva”, anche se sembra non progettasse attentati. In tutto sono 17 i presunti terroristi, sedici curdi e un kosovaro, arrestati in diversi paesi europei nell’operazione ribattezzata “Jweb – Jihad sul Web”.

Nel corso dell’operazione, condotta dagli uomini del Ros con altre forze di polizia europee ed il coordinamento di Eurojust, è stato anche arrestato il Mullah Krekar, capo dell’organizzazione terroristica internazionale “Rawti Shax” e già fondatore di Ansar-al-Islam, fermato in un raid notturno in Norvegia insieme ad altre due persone su richiesta delle autorità italiane. Secondo gli investigatori italiani, il mullah dal carcere “ha continuato a rappresentare la guida non solo ideologica dell’organizzazione, mantenendone anche la direzione strategica sulle questioni più importanti, quale la partecipazione al conflitto siriano o la decisione di allinearsi con Isis”.

Inoltre, l’uso di Internet “ha consentito agli indagati di annullare le distanze tra gli associati, residenti in diversi paesi europei, permettendo loro di mantenere una forte coesione di gruppo, rafforzata dalla periodica e frequente partecipazioni a chat virtuali, e di rimanere in contatto con la propria guida spirituale”. L’organizzazione guidata dal Mullah Krekar, spiegano ancora i Ros, “incarna l’evoluzione del modello jihadista di tipo tradizionale”, ma si è rivelata “ancora più insidiosa, rimanendo gerarchicamente strutturata, con il proprio vertice in Norvegia, ed articolata in cellule operative in numerosi paesi, tra cui un’importantissima articolazione in Italia”.

Nel nostro Paese è stato arrestato a Merano Abdul Rahman Nauroz, risultato “particolarmente attivo nell’attività di reclutamento”, “sia attraverso internet, sia attraverso ‘lezioni’ che teneva nel proprio appartamento di Merano, luogo di riunioni segrete”. Lo scopo, sottolineano i carabinieri, era quello di “convincere i suoi allievi, e tra questi in particolare Hasan Saman Jalal, a partecipare ad azioni armate di guerra o terroristiche pianificate come suicide”.

Hasan Saman Jalal, anch’egli arrestato, a differenza di altre persone coinvolte nell’inchiesta, non era però mai passato dall’idea all’azione. In ogni caso, secondo l’inchiesta, proprio l’Italia, e Merano in particolare, sarebbe stata crocevia di aspiranti jihadisti diretti in Siria.

GM