
Stanno suscitando diversi interrogativi, oltre che l’ilarità del web, le parole pronunciate dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervenuto al primo Italian Digital Day in corso alla Reggia di Venaria Reale. Parlando del terrorismo, anche alla luce dei recenti attentati di Parigi e dell’allerta anche in Italia, il premier ha affermato: “Io sono per taggare i potenziali soggetti pericolosi, ciascuno di noi lascia delle tracce camminando. E non credo che sia un agguato alla privacy, dire che si debbono taggare e seguire queste persone”.
Renzi ha proseguito: “Io sono per fare più controlli ed essere più operativi, per avere un sistema di informatica maggiore, di maggiore digitalizzazione delle immagini, per riuscire a fare il riconoscimento facciale. Io sono per avere in comune tutte le banche dati, per far sì che ogni telecamera sia a disposizione della forza pubblica, per poter dire che posso riconoscere una persona”. Il premier ha poi risposto alle richieste di bloccare le frontiere: “Dove le blocchi? Le blocchi perché sta arrivando qualcuno su un barcone, o blocchi le nostre periferie da cui partono gli attacchi killer?”.
“Non cediamo a un racconto stereotipato e banale” – ha sottolineato quindi Renzi – “Ciò che è accaduto, è accaduto partendo dalle nostre periferie, quindi dobbiamo fare più investimenti sulla nostra sicurezza, sulla cyber-security, e contemporaneamente ricordarci chi siamo. Abbiamo bisogno di più scuole, di più valori. Abbiamo bisogno di più luoghi in periferia dove poter tornare ad avere impianti sportivi di qualità, associazioni di volontariato che siano rese forti, abbiamo bisogno di essere l’Italia. Abbiamo bisogno di credere nella cultura e nel domani”.
E’ però il passaggio sul “taggare i potenziali soggetti pericolosi” che ha suscitato diverse perplessità: c’è ad esempio chi ironicamente chiede a Renzi se al “tag” va affiancato anche un “hashtag”. Adriano Scianca, sul portale ‘Intelligonews’, evidenzia: “Se l’intenzione era quella di ottimizzare le risorse della cyberpolizia contro l’Isis, mettendo a sistema le informazioni disponibili sui sospettati in circolazione, ben venga. Ma attenzione a non scambiare le eteree atmosfere del web per la dimensione ben più concreta in cui si muovono i vari Salah, armati di kalashnikov e cinture esplosive. Perché l’Isis non si combatte con i tweet”.
Più concrete e comprensibili sembrano le iniziative promosse dal sindacato “Polizia nuova forza democratica” che annunciato cl’attivazione, su propria iniziativa, di una linea telefonica indirizzata alle segnalazioni sospette da parte della comunità islamica sul fronte del terrorismo, in attesa che il Ministero dell’Interno ne istituisca una.
GM