“Aldo Moro non è stato ucciso dalla Brigate Rosse”

L'agguato di via Fani (AFP/Getty Images)
L’agguato di via Fani (AFP/Getty Images)

“Prendo spunto dalla realtà e ci aggiungo un pizzico di fantasia”, così l’ex boss della camorra Giacomo Cavalcanti descrive il suo ultimo libro “Anche gli angeli mentono”, uscito in questi giorni per Edizioni Guida. L’uomo ha scontato 14 anni di carcere, è uscito dalla galera si è rifatto una vita, poi nel 2010 è stato condannato in primo grado ad altri 24 anni, quindi dopo dieci mesi di carcere è stato assolto in Appello e successivamente in Cassazione.

Cavalcanti ricostruisce tante vicende di cronaca della Prima Repubblica, quelli noti come “misteri d’Italia”, tra cui il caso del giornalista Enzo Tortora, che nel racconto dell’autore è vittima dell’omonimia con un antiquario romano, il cui ruolo venne coperto dai cutoliani. Realtà e immaginazione si fondono nelle vicende narrate dall’ex boss, che parte proprio dalla sua vicenda personale: l’uomo aveva violentato la sua fidanzata trasformandosi così da studente dell’istituto di belle arti in “spesino del carcere di Poggioreale”.

Nel romanzo di Cavalcanti c’è anche la vicenda del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro: l’ex statista democristiano, secondo il racconto dell’autore, non venne ammazzato dalle Brigate Rosse. Questa la suggestiva versione dell’ex malavitoso, che prende spunto nella narrazione dalle confidenze e dalle vicende raccolte durante il suo periodo di detenzione. Quanto ci sia di reale nei “fatti di cronaca e storie di detenuti narrate da chi era presente”, come viene definito il noir di Cavalcanti, è difficile da chiarire, ma sicuramente è un altro tassello – dopo le recenti dichiarazioni di Raffaele Cutolo – che a oltre 37 anni dai 55 giorni più bui della storia della Repubblica fa a infittire le ombre sul caso della morte di Aldo Moro.

GM