Battaglia della Lega: “No a burqa e niqab in ospedale”

Il post di Fabio Rolfi (foto da Facebook)
Il post di Fabio Rolfi della Lega (foto da Facebook)

“Questa foto è stata scattata qualche giorno fa presso un ospedale bresciano: far rispettare il divieto di circolare in luogo pubblico a volto coperto, anche all’interno dello strutture sanitarie regionali. Porterò il tema in Regione, se a qualcuno non va bene, può sempre tornare a partorire al proprio paese”. Questo il testo comparso qualche giorno fa sulla pagina Facebook del consigliere regionale della Lega Nord, Fabio Rolfi, accompagnato da uno scatto che ritraeva una donna in ospedale mentre cullava il proprio piccolo, col capo coperto dal niqab.

Rolfi si è così rivolto al governatore Roberto Maroni, presentando un’interrogazione alla Giunta sulla possibilità di adottare provvedimenti “che assicurino la massima efficacia dei controlli di sicurezza interni a tutti gli edifici istituzionali, in tutte le strutture pubbliche regionali”, inclusi ospedali pubblici e Asl. Dopo i fatti parigini del 13 novembre, proseguono le battaglie securitarie della Lega e nello specifico questa – secondo Rolfi – è una questione di “buon senso e tutela dell’ordine pubblico.

Oggi, l’assessore alla Sicurezza Simona Bordonali, anche lei esponente del Carroccio, rispondendo nell’aula del Consiglio regionale all’interrogazione del leghista, ha richiamato alcune norme nazionali, come il “divieto di comparire mascherati in luogo pubblico”. Nel suo intervento l’assessore ha anche ricordato la recente presa di posizione del pm Carlo Nordio, favorevole a vietare l’uso del velo: “Ci sono già delle leggi in materia e secondo me è arrivato il momento di farle rispettare”.

“Quando cammino per Venezia, vedo queste persone che indossano il velo e mi chiedo se questo sia la cosa giusta. Secondo me è invece giusto vietare il velo, anche per una questione di sicurezza”, aveva detto Nordio, secondo il quale burqa e niqab “mettono in pericolo la sicurezza, cosa che non fanno le maschere di carnevale perché non è vietando le maschere che si fermano i terroristi ma con una risposta culturale”.

GM