
E’ definitiva la condanna della Cassazione nei confronti di Alberto Stasi, il commercialista 32 enne, accusato di aver ucciso la sua fidanzata Chiara Poggi il 13 agosto del 2007. Il giovane dovrà scontare 16 anni nel carcere di Bollate, dove sabato mattina si è costituito accompagnato dalla madre Elisabetta e da un legale, per iniziare la sua non-vita. Dopo la sentenza Stasi è stato descritto come “incredulo, sotto choc, in lacrime, incapace di darsi spiegazioni”. Ha fatto la borsa “non è giusto” ha ripetuto e si è avviato verso la sua nuova dimora dove avrebbe trascorso una notte tranquilla, ma insonne. Il giovane è in cella con altri due detenuti. Durante le indagini preliminari e nelle varie fasi di giudizio il giovane non è stato mai posto in custodia cautelare e ora dovrà scontare per intero la pena. Da quanto si è saputo da fonti legali “è stato accolto bene” e “tutti sono stati gentili e affettuosi con lui”. Alberto negli ultimi anni lavorava nell’officina di autoricambi di famiglia dopo la scomparsa del padre. La quinta sezione penale, dopo appena poche ore di camera di consiglio, ha respinto sia il ricorso presentato dai legali di Stasi sia quello della procura generale di Milano, che chiedeva una condanna a 30 anni di reclusione contestando l’aggravante della “crudeltà” dell’omicidio. Con questa decisione la Suprema Corte ha chiuso una vicenda giudiziaria iniziata otto anni fa e ha convalidato la decisione della corte d’assise d’appello di Milano, che nel dicembre 2014 aveva condannato Stasi a 16 anni di reclusione. All’epoca il delitto era stato qualificato come omicidio “semplice”, senza l’aggravante della crudeltà, e la pena ridotta di un terzo nel processo con rito abbreviato.
Il ruolo dei giudici
Un caso giudiziario che ha lasciato tutti col fiato sospeso; ciascuno di noi infatti si aspettava un annullamento appellandosi al principio del “ragionevole dubbio” emerso dopo la lunga requisitoria del procuratore Cedrangolo. I giudici stavolta però sono andati fino in fondo confermando la condanna, le cui motivazioni spiegheranno il ragionamento che sta alla base. La madre della vittima, Rita Poggi, si è detta “emozionata” dopo la condanna. “Dopo le parole di ieri del procuratore eravamo un po’ pessimisti, ma giustizia è stata fatta”, così la donna ha commentato. “Forse questo sarà un Natale diverso, dopo questa sentenza proviamo sollievo – ha aggiunto la signora Rita – anche se non si può gioire per una condanna, questa è una tragedia che ha sconvolto due famiglie, per me Alberto era quasi come un figlio”. Il padre di Chiara, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se si aspettava una condanna più dura, ha definito “giusta” l’entità della pena. “Non volevamo che fossero inflitti anni di carcere ma che fosse accertata la verità. È stato faticoso – hanno affermato i legali Gianluigi Tizzoni e Francesco Compagna della famiglia Poggi – ci sono stati tentativi di depistaggio su cui vogliamo sia fatta luce”. Di tutt’altro parere è stato l’avvocato di Stasi, Fabio Giarda, per il quale si tratta di “una sentenza allucinante”. “È una pena che non sta né in cielo né in terra, come ha detto il pg, se uno ha fatto una cosa del genere deve avere l’ergastolo”, ha aggiunto ribadendo “Come si fa a mettere in carcere una persona quando c’è una sentenza che è completamente illogica?”.
Roberta Garofalo