Chemio killer, condanne e risarcimenti per la morte di Valeria

Valeria Lembo (foto dal web)
Valeria Lembo (foto dal web)

Cinque condanne e risarcimenti record per il decesso di Valeria Lembo, la donna di 34 anni, morta il 29 dicembre del 2011 per un’overdose di chemioterapici. Lo ha stabilito ieri sera il giudice monocratico di Palermo Claudia Rosini: la condanna più dura è per la dottoressa Laura Di Noto, che dovrà scontare una pena di sette anni per omicidio colposo e falso. Proprio la specializzanda aveva chiamato in causa nei mesi scorsi il primario del reparto di Oncologia medica del Policlinico, Sergio Palmeri, condannato a quattro anni e sei mesi.

Le altre tre condanne sono per lo specializzando Alberto Bongiovanni 4 anni per omicidio colposo, due anni e sei mesi per falso e sei anni e sei mesi di interdizione dalla professione, e le infermiere Clotilde Guarnaccia e Elena D’Emma, 4 anni con interdizione dalla professione infermieristica per 4 anni. L’unica assoluzione è stata quella dello studente universitario Gioacchino Mancuso “per non aver commesso il fatto”. Pugno duro anche per quel che riguarda i risarcimenti: un milione di euro a favore del marito di Valeria Lembo, Tiziano Fiordilino, 400 mila euro ciascuno ai genitori della vittima, 80 mila euro a una zia, Anna Maria D’Amico, che si era costituita anche lei parte civile.

La vicenda è stata caratterizzata da un rimpallo di responsabilità tra la Di Noto e il primario: secondo la specializzanda, Palmeri avrebbe visto che il numero scritto era “90” e solo dopo sarebbe stato tolto lo zero, manomettendo la cartella clinica. Spiegò la giovane dottoressa che il 23 novembre la cartella clinica presentava lo stesso errore, ma il dosaggio fu esatto e accusa: “Quando mi hanno chiamato dalla farmacia dell’ospedale per dirmi che avevano solo 70 mg del farmaco sono andata a controllare la cartella clinica, facendo attenzione, come da prassi, sia alla prescrizione del 7 dicembre che a quella precedente: erano uguali, sempre 90 mg. Così dissi che era tutto giusto, non mi vennero dubbi”.

La dottoressa spiega poi che “Palmeri mi disse di non dire nulla ai parenti  Non si doveva parlare del sovraddosaggio né con i parenti della signora Lembo, né con altri medici. Dovevamo dire che era una gastroenterite. Lo stesso Palmeri mi disse di chiamare la signora per sapere come stava e consigliarle, eventualmente, di andare in ospedale”. In un’intercettazione, il primario ammise infine che forse il dosaggio erroneamente scritto era “90”.

GM