
Ci sarebbe una svolta clamorosa nell’omicidio di Raffaella Presta, avvocato specializzato in diritto di famiglia, 40 anni, uccisa a fucilate dal marito Francesco Rosi, di 43 anni, agente immobiliare, lo scorso 25 novembre. Secondo i legali dell’uomo, i quali puntano a ottenere gli arresti domiciliari, infatti, ci sarebbe una prova inequivocabile, vale a dire quella del Dna, che Rosi non sarebbe il padre genetico del bambino di sei anni della coppia.
In sostanza, i legali dell’uomo sostengono che questi, molto geloso e terrorizzato dall’idea di essere lasciato, avrebbe agito d’impulso di fronte a quella confessione fatta dalla moglie. Tutt’altra la versione dei familiari della donna, che spiega come una settimana prima di essere uccisa, Raffaella Presta aveva inviato via Whatsapp al fratello e a un’amica cara un selfie in cui appariva con il volto tumefatto, probabilmente per vie delle percosse subite dal marito. “Incidente domestico, diciamo”, era il contenuto di quel messaggio.
Inoltre, il gip Andrea Claudiani nutre dubbi sul fatto che sia mai stata pronunciata la frase sul fatto che quel figlio non fosse di Rosi e a complicare la posizione di quel marito senza dubbio violento c’è il particolare di quel fucile sempre carico sotto al letto, che l’uxoricida ha giustificato sostenendo di essere spaventato da eventuali furti domestici, ma che in un primo momento aveva fatto pensare alla premeditazione.
GM