
E’ stato ribattezzato dai media il centravanti di Bin Laden, Nizar Trabelsi, ex calciatore tunisino che dai campi della Bundesliga è finito a combattere nella guerra in Afghanistan, schierato tra i miliziani jihadisti di Al Qaeda. Da giovanissimo, il calciatore viene notato da un osservatore che cerca nuove promesse in Tunisia e si trasferisce in Belgio, allo Standard Liegi; da qui passa in Bundesliga, al Fortuna Düsseldorf, quindi al Wuppertaler.
La sua però è una parabola discendente: finisce nei campionati regionali, con seri problemi di alcool e droga, finché viene addirittura sorpreso da un controllo antidoping. A quel punto, arriva l’incontro con la jihad: conosce Tarek Maaroufi, il primo cittadino belga a perdere nel 2009 la nazionalità per “condotta delittuosa”, poi Abou Qatada e Abou Hamza, che in seguito l’Fbi segnalò come intermediari dell’organizzazione Al Qaeda in Europa.
Nel giro di breve tempo, Trabelsi finisce in Afghanistan e conosce Osama Bin Laden che, secondo una testimonianza dello stesso ex calciatore durante il processo, gli disse di chiamarlo “papà” e di “affidarsi a lui per qualsiasi cosa”. La vicenda del calciatore-jihadista si lega a quella del crollo delle Torri Gemelle: venne arrestato il 13 settembre 2001 in Belgio, due giorni dopo l’attacco, perché accusato di voler compiere un attentato contro una base americana e nel 2003 viene condannato a 10 anni di prigione.
Gli Usa nel frattempo lo condannano all’ergastolo e chiedono l’estradizione. L’ultima puntata di una vicenda lunghissima arriverà giovedì 17 dicembre, quando verrà ridiscussa la sua estradizione negli Stati Uniti, dopo che la Corte europea dei diritti umani l’ha considerata irregolare e stabilito un risarcimento di 90mila euro all’ex calciatore.
GM