
Il caso di Dominique Velati, militante radicale malata terminale che ha scelto di morire in Svizzera ha riportato nell’agenda politica il tema etico del fine vita e dell’eutanasia. I radicali si sono subito schierati e l’esponente Marco Cappato si è autodenunciato ai Carabinieri “confessando” di aver aiutato anche economicamente Dominique a compiere il proprio viaggio a Berna dove ha ricevuto il cosiddetto suicidio assistito.
La vicenda ha riaperto il dibattito e il ministro della Salute Lorenzin si è subito schierata: “Io penso che, e questo lo dico non tanto come ministro ma come persona, bisognerebbe aiutare queste persone a vivere e aiutarle a trovare nella vita, anche nella malattia, la propria dignità, la speranza. Spesso parliamo di persone abbandonate, sole, e questo forse è uno degli aspetti più tragici della malattia”. La risposta dei radicali è arrivata non tanto a parole, ma con alcuni atti concreti. Il più forte è stata la costituzione dell’associazione “Sos eutanasia”, con apposito conto presso una sede bancaria, che raccoglierà pubblicamente fondi ed aiuterà economicamente per le spese di viaggio i malati terminali che lo vorranno al fine di ottenere l’eutanasia in Svizzera. Un gesto concreto e controverso che lo stesso Cappato ha spiegato così: “Andremo avanti, aiutando quanti lo chiederanno, fino a quando non ci fermeranno o il Parlamento affronterà la questione del fine-vita”. Al momento la realtà è che l’associazione messa in piedi dai radicali è per contraria alla legge vigente e quindi probabilmente presto subirà sanzioni o verrà chiusa. Quello dei radicali resta comunque un gesto simbolico che mira a far riprendere la discussione in Parlamento su un tema delicatissimo che mette in gioco innumerevoli elementi che vanno ben al di là di semplici questioni politiche o di appartenenza.
F.B.