
Dopo il terremoto che ha coinvolto Cooperative Operaie e Coop Carnica in Friuli Venezia Giulia, facendo perdere 130 milioni di euro di libretti e azioni a 20mila soci, si teme per i risparmiatori che hanno deciso di mettere i loro soldi nelle casse delle coop. Si tratta di un tesoretto di 15 miliardi di euro, di cui 12 solo nelle novi grandi cooperative di consumo, come riportato da Il Sole 24 ore. Se parlassimo di un istituto di credito, si potrebbe parlare della 24esima banca in Italia: 1 milione e 300mila italiani hanno depositato il loro denaro nelle coop. Ora, considerato quando accaduto ai risparmiatori con il decreto salva-banche cresce il timore per il prestito sociale: le coop non sono soggette alle stesse regole di vigilanza degli istituti di credito, né ci sono ispezioni della Banca d’Italia. In pratica, se una coop fallisse, i risparmiatori che ci avessero investito qualcosa non sarebbero tutelati in nessun modo. Adesso, però iniziano a suonare i primi campanelli d’allarme come confermano i messaggi in arrivo da via Nazionale che invitano a una maggior tutela di chi presta fondi a soggetti diversi dalle banche. L’obbligo per le coop è di non superare il limite del triplo del patrimonio per la raccolta ma possono arrivare a cinque volte se vengono accese delle fideiussioni, in modo da garantire ai soci un rimborso del 30% dei loro prestiti. Nel definire i parametri e le soglie di sicurezza, Bankitalia ha sottolineato che: “il valore del patrimonio da assumere a riferimento dovrà essere quello risultante dal bilancio consolidato”, cioè quello che materialmente rappresenta il situazione reale di un’azienda. Stando così le cose, in Toscana e in Umbria potrebbero tremare due colossi come Unicoop Tirreno – vanta 122mila prestatori per 1 miliardo di euro in fondi e un rapporto prestito/patrimonio di 6,22 volte – e Coop Centro Italia, con 73mila soci e 582 milioni di euro in fondi per un rapporto di tre volte.