I fatti risalgono a febbraio del 2013 quando la docente Clara Belluomo si sottopose ad un trattamento estetico di ”foto-ringiovanimento” del volto. Vennero usate due tecniche, la prima con l’uso del laser e la seconda con peeling con acido tricloroacetico. Il mix produsse ustioni orribili, che hanno lasciato segni permanenti sul viso della donna. Le responsabilità per quanto accaduto verranno verificate nel corso del processo che si svolgerà presso la VI sezione il prossimo 10 marzo 2016 dopo il decreto di rinvio a giudizio da parte del gip Francesco De Falco Giannone. In quella sede il magistrato ascolterà le parti, verificherà le relazioni dei periti, deciderà se condividere le accuse del sostituto procuratore Di Dona contro i medici. Clara Belluomo non esprime commenti sul il rinvio a giudizio; dichiara di confidare nella giustizia e di aver dato mandato agli avvocati Attilio Belloni e Marcello Galli di assisterla nel procedimento penale e nella costituzione di parte civile.
Le dichiarazioni di Clara
Tre anni dopo le cicatrici sul volto sono rimaste, la bocca non può compiere alcuni movimenti e la parola risente di alcune limitazioni ”sono indebolite le funzioni masticatorie e della fonesi” ha scritto la Procura. “Non è necessario guardarmi allo specchio per provare sofferenza. Il mio dolore è nello sguardo di curiosità delle donne, nell’orrore che provano i bambini quando mi vedono, nell’impossibilità di andare da un dentista perchè non posso spalancare la bocca. Il mio dolore è nella consapevolezza di avere una faccia che non mi appartiene” ha dichiarato Clara. Il gip nel decreto di rinvio a giudizio parla di “Lesioni personali gravissime consistite nell’impossibilità di attendere alle proprie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni, nello sfregio permanente del volto e nell’indebolimento della funzione masticatoria e della fonesi”.
La difesa dei medici
L’avvocato Vincenzo Fiume, che assiste il medico, imputato nel processo, contesta l’accusa e ritiene invece probabile un’assoluzione: “I compiuti accertamenti dibattimentali sapranno chiarire ogni dubbio ed equivoco bene evidenziato e rimasto insoluto nella fase preliminare circa natura e causa dell’evento” e spiega. “L’uso combinato del laser ablativo con l’acido tricìoroacetico risponde ad ordinarie pratiche professionali di chirurgia estetica, riconosciute ed approvate dalla comunità scientifica. Gli stessi consulenti del pm hanno peraltro certificato che le lesioni riscontrate rappresentano gli esiti di una ”complicanza infettiva”. L’infezione, specialmente se accompagnata da un comportamento imprudente e negligente del paziente, è una delle possibili complicanze di qualunque trattamento medico chirurgico, anche se minimamente invasivo, quale quello praticato. Della possibile evenienza la professoressa Belluomo era perfettamente edotta, per essere medico, e per avere debitamente sottoscritto apposito documento di prestazione di consenso informato all’intervento medico chirurgico. La causa ed il tempo della insorgenza della infezione e l’eventuale ascrivibilità alla colpa degli imputati costituiranno oggetto del processo”. L’esito del processo è reso incerto da un’altra circostanza: la stessa parte lesa, infatti, risulta rinviata a giudizio per aver dichiarato, al pm, che il chirurgo plastico aveva apposto una firma che non le apparteneva sotto il consenso informato riguardante intervento di laser peeling chimico e di dermo abrasione. Un particolare non da poco perché la valutazione delle responsabilità per il danno al viso ruoterà in buon parte introno a questo documento. Il secondo imputato – assistito dall’avvocato Fabrizio Rondino – è accusato di aver prescritto un antibiotico più blando rispetto all’infezione.
ADB