
Alberto Stasi è in galera a Bollate dal 12 dicembre scorso, da quando il suo avvocato, lo ha accompagnato al carcere dove dovrà scontare i suoi 16 anni di pena, dopo la condanna inflittagli dalla Cassazione per aver ucciso la sua fidanzata Chiara Poggi. L’ex studente della Bocconi, attraverso il suo legale ha raccontato il suo primo Natale dietro le sbarre: “Il carcere è un mondo parallelo. Nei quattro giorni che ho passato in quello di Vigevano non riuscivo a vedere l’orizzonte. Qui, almeno, sono al terzo piano, e lo vedo insieme con tutto il mondo di fuori”. Cella 315, reparto I. Una giornata resa ancora più dolorosa dal ricordo del padre, Nicola, scomparso il giorno di Natale di due anni fa. Una roccia, una presenza quasi leonina a difendere il figlio accusato, un’ombra protettiva.
Ha mangiato capretto con i compagni di reparto. In questi giorni sta leggendo “Il piccolo principe”, ricevuto in regalo. Nei primi giorni Stasi ha chiesto ai tre compagni di cella, un montenegrino, un apolide, un giovane italiano, che il televisore rimanesse spento. Voleva evitare il diluvio mediatico che sapeva si stava abbattendo su di lui dopo la condanna. Con il tempo è riuscito a superare quel blocco psicologico, il televisore non è più off limits. Si trova bene con gli altri tre. «Sono stati – dice – molto gentili. Quando sono arrivato mi hanno aiutato a fare il letto, mi hanno prestato un accappatoio perché non l’avevo. Qui dentro ho trovato molta solidarietà, una umanità che non avevo incontrato in tutti questi anni».
I giorni passano lentamente, con orari e appuntamenti precisi nella prigione di Bollate. Le quattro ore d’aria, ripartite fra mattinata e pomeriggio. Il pranzo alle 11, la cena alle 17. Alberto, scrive il giorno.it- riceve molte lettere, finora sono una sessantina, nella stragrande maggioranza di sconosciuti. Gli scrivono coppie di coniugi, preti, suore, tutte di incoraggiamento di sostegno. Un pensiero fisso: la madre rimasta sola a Garlasco, con il negozio di famiglia da mandare avanti. Tutti i loro incontri iniziano e finiscono con un lungo pianto in comune e un interminabile abbraccio.
MD