In coma perché l’anestesista non voleva sentire i rumori degli strumenti

Catia Viscomi (facebook)
Catia Viscomi (facebook)

L’incredibile e incresciosa storia che ha visto coinvolta Catia Viscomi sta facendo indignare tutti, soprattutto ora che emerge una verità terribile sulla vicenda. La donna aveva appena partorito il primogenito Aldo quando è entrata in coma. Questo perché nessuno, in sala parto, si è accorto che la puerpera stava andando in debito d’ossigeno poiché il volume degli strumenti era stato abbassato notevolmente e posto su «manuale», anziché «meccanico». Il motivo di una tale follia? L’anestesista Loredana Mazzei non sopportava il suono degli strumenti che avvertivano la riduzione della saturazione dell’ossigeno nei pazienti. E così per non urtare la sua sensibilità e la sua suscettibilità, Catia Viscomi, che di mestiere faceva l’oncologa, è in stato vegetativo da due anni ricoverata all’ospedale Sant’Anna di Crotone.

Suo marito, Paolo Lagonia, è da due anni che aspetta che venga fuori la verità su quello che è accaduto in quella sala operatoria e che sia fatta finalmente giustizia. Un’impresa che sembra molto difficile anche perché nel frattempo la Mazzei è deceduta. Sul suo conto però durante le indagini è emerso un quadro a dir poco inquietante. Oltre al fatto che non sopportasse il rumore degli strumenti, particolare che già in altre occasioni aveva creato pericoli anche mortali per i pazienti, l’anestesista aveva atteggiamenti volti al misticismo e a dir poco stravaganti sia in sala operatoria sia nei colloqui coi parenti dei pazienti. Basti pensare che il primario dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, Fabrizio Gennari in data 14 novembre 2012 aveva inviato una email al dottor Mario Verre, primario del reparto di anestesia e rianimazione “affinché alla dottoressa Mazzei non venga più assegnata la conduzione di nessuna delle sedute operatorie afferenti al Centro di chirurgie pediatriche”. La rianimatrice Annamaria Grandi racconta nei verbali delle indagini: “La Mazzei è emotivamente instabile. Un giorno eravamo entrambe di turno in chirurgia pediatrica e lei, dopo aver preso in braccio un bambino per portarlo in sala operatoria, si inginocchiò davanti ai genitori dicendo: “Siamo tutti nelle braccia degli angeli””. Antonio Raffaele Billa, medico di ostetricia e ginecologia, ha raccontato: “la dottoressa mentre si trovava in servizio nel reparto di chirurgia pediatrica, prima di un intervento, ha poggiato una immaginetta della Madonna sul petto di un bambino e ha invitato la madre a pregare prima dell’intervento, dicendo che se fosse andato male, la Madonna avrebbe portato il figlio in cielo così diventava un angelo”.

F.B.