Laura, la sopravvissuta alla strage del bus Erasmus

Laura Ferrari (facebook)
Laura Ferrari (facebook)

Laura Ferrari, 23enne di Modena, studentessa di Giurisprudenza, è una delle sopravvissute alla strage del bus che trasportava studenti in Erasmus in Spagna. Ora Laura ha riaperto gli occhi e, intervistata da Repubblica, ricorda quei terribili momenti che portarono alla morte di 13 ragazzi. La prima cosa che si ricorda è di essersi svegliata per “il brusco cambio di velocità” e poi il secondo frammento di memoria sono “i colpi in testa”. Poi il suo racconto si fa drammatico: “Vedevo gente volare da una parte all’altra del pullman. Letteralmente. Era impressionante, anche perché non riuscivo a sentire le grida, solo quei colpi in testa che mi arrivavano da tutte le parti. Ho provato ad aggrapparmi a qualcosa, a qualcuno. Ma è stato impossibile, non riuscivo a trovare un appiglio, un pezzo di qualcosa, non ci riuscivo proprio. Quando l’autobus finalmente si è fermato, mi sono ritrovata incastrata tra morti e lamiere. Ricordo però che gli altri passeggeri mi guardavano, ma non mi aiutavano. Erano tutti sotto shock. Ricordo anche di persone passate di fianco a me che dicevano che ero spacciata”.

Poi l’arrivo di un’amica, l’angelo che l’ha salvata: “Elise, la mia migliore amica di Barcellona. Una ragazza belga. Prima mi ha aiutato a liberarmi e poi ha provato a tamponarmi le ferite, perché perdevo sangue in tutto il corpo. Non so davvero dire quanti litri ho perso, so però che nei giorni successivi in ospedale me ne hanno trasfusi tre” E dopo Elise arriva un’altra amica: “Una ragazza finlandese che mi ha abbracciato da dietro tenendomi sveglia e ferma. Poi è passata la prima ambulanza e quella ragazza l’ha fatta fermare. Da lì mi hanno portato a Tarragona per un intervento d’urgenza, e poco dopo mi hanno trasferita qui a Barcellona in elicottero, e mi hanno operata. Per 13 ore, mi hanno detto”.

Qui finisce il racconto dell’incidente. Poi ci sono le cure e la lunga degenza in ospedale: “Sono stata tenuta in coma farmacologico per 10 giorni. Mi sono svegliata che era aprile. E i miei erano qui con me. Ho subito altri interventi, però sono qui, leggo, cammino quasi normalmente, scherzo. Certo, è dura, ma rimango di buon umore”. Per il futuro molte incognite, ma un impegno certo: “Mi piacerebbe mettere in campo un’opera di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale, magari con l’aiuto degli amici, di chi mi sta intorno, di chi come me è sopravvissuta a quella notte”.

F.B.

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