“Dove eravamo rimasti”, 30 anni fa veniva assolto Enzo Tortora

Enzo Tortora (Websource/archivio)
Enzo Tortora (Websource/archivio)

In questi giorni si parla tanto di linciaggio pubblico e gogna mediatica. Sono tutte cose che oggi leghiamo alla presenza dei social network, ma si tratta di cattive abitudini presenti da sempre. Lo sa bene chi ha vissuto la tristissima vicenda di Enzo Tortora, presentatore televisivo che all’apice del successo si vide piombare addosso un’accusa gravissima e infamante. Si scoprì dopo che i pentiti che lo avevano coinvolto avevano mentito, lui era completamente estraneo ai fatti. Ma nel frattempo non solo la sua carriera, ma anche la sua vita erano rovinate. La sua vicenda giudiziaria era cominciata il 17 giugno 1983 con l’arresto all’alba nella suite dell’hotel Plaza di Via del Corso. Tortora era accusato di essere un trafficante di droga e di appartenere a un’associazione di stampo camorristico. Tutte le testimonianze contro di lui si rivelarono false, ma nel frattempo un giudice frettoloso lo aveva condannato a dieci anni di carcere e a una significativa sanzione pecuniaria. E come se non bastasse la sua immagine mentre veniva arrestato con le manette ai polsi continuava a passare su tutti i telegiornali. Il 15 settembre del 1986, tre anni dopo l’inizio dell’incubo, la corte di appello di Napoli assolse Enzo Tortora, con formula piena, dall’accusa di associazione camorristica e spaccio di droga. Lui in aula l’aveva detto: ““Io grido: “Sono innocente”. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi”. Tortora tornò in video con la famosa frase: “Dove eravamo rimasti”. Ma lui non era più lo stesso e poco dopo si ammalò e morì. Ucciso sì da una malattia incurabile, ma anche e soprattutto dalla sofferenza causatagli da un errore giudiziario clamoroso, da una gogna mediatica che lo fece a pezzi senza mai chiedere scusa se non quando ormai era troppo tardi.

F.B.