Asia Bibi, nessuno vuole assumersi la responsabilità

Asia Bibi (Websource/archivio)
Asia Bibi (Websource/archivio)

Tutto pronto per il processo ad Asia Bibi o così sembrava sino a ieri. La Corte Suprema del Pakistan, infatti, ha deciso di rinviare ancora il tutto poiché Iqbal Hamid-ur-Rehman, uno dei tre giudici, ha rinunciato al caso. Nonostante le prove contro la ragazza siano ben poche sembra essere forte l’impressione che nessuno voglia assumersi la responsabilità di scagionarla per paura di incorrere nell’ira degli estremisti islamici. Nel 2011 il governatore del Punjab, Salman Taseer e il primo e unico ministro delle Minoranze del Pakistan, Shahbaz Bhatti furono entrambi uccisi per aver difeso la donna.

Asia Bibi ha cominciato il suo percorso di calvario nel 2009 quando era stata accusata da alcuni vicini di casa di blasfemia. Secondo queste persone la donna nel corso di una discussione avuta in un frutteto con alcune contadine di fede musulmana avrebbe detto: “Il mio Gesù è morto sulla croce per redimere i peccati di tutta l’umanità, Maometto cosa ha fatto per voi?”. La giovane dopo giorni di intimidazioni viene arrestata e processata, per lei vi è la pena di morte, avallata purtroppo in tutti i gradi di giudizio sino al 2015, quando la Corte suprema sospende il tutto e dispone il riesame del caso. Asia è madre di cinque figli ed è in carcere da 2665 giorni ormai, grazie ad una legge, spesso usata impropriamente per colpire le minoranze (i cristiani sono solo il 2% del paese). La norma contro la blasfemia punta a punire tutte quelle persone che si macchiano di atti offensivi nei confronti del Corano o di Maometto. Purtroppo però troppe volte tale disposizione viene utilizzata in modo improprio. Nell’80% dei casi, infatti, le persone accusate in realtà non sono colpevoli. Proprio per questo la Commissione per i diritti umani del Senato del Pakistan avrebbe deciso di ridiscutere i termini di tale legge.

Antonio Russo