Super vulcano Campi Flegrei. Milioni di persone su una pentola a pressione

(Archivio/Websource)
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Forse non è noto a tutti che vi è, ad ovest del più conosciuto e temutissimo Vesuvio, un’area vulcanica di pericolosità forse ben maggiore, quella dei Campi Flegrei. La zona è conosciuta per i fenomeni di sollevamento del suolo (bradisismo) che affliggono da sempre il Comune di Pozzuoli. Già tra l’82 e l’84 una crisi sismica mise in ginocchio l’intera area, determinando l’evacuazione di migliaia di persone. Il vulcano Flegreo infatti è uno dei dieci supervulcani esistenti al mondo. Una struttura la cui eruzione è in grado di modificare il paesaggio limitrofo per centinaia di chilometri, condizionando il clima a livello globale. Questo vuol dire che una sua potenziale eruzione sarebbe addirittura più devastante di quella temutissima del Vesuvio, che non rientra in questa categoria. Insieme a Yellowstone negli Stati Uniti e al Lago Toba in Indonesia, i Campi Flegrei infatti sarebbero tra gli apparati vulcanici più pericolosi al mondo. L’ultima eruzione storica in quest’area risale al 1538 e per un raggio di qualche chilometro, a causa di quella eruzione fu distrutta ogni cosa. Negli anni ’80 poi le circa 500 scosse di terremoto registrate nell’arco della giornata, fecero temere un’eruzione che però non ci fu. La comunità scientifica in questi anni è tornata ad occuparsi del “gigante addormentato” stimando che un’eventuale eruzione andrebbe a coinvolgere non solo Napoli o la Campania, per lo scorrimento di flussi piroclastici nel raggio di alcuni chilometri e caduta di cenere e lapilli a distanze anche maggiori, ma l’intero globo terrestre, per i cambiamenti climatici determinati dalle ingenti emissioni di cenere vulcanica. La probabilità di eruzione nei prossimi 100 anni è di circa l’1%. Non certo bassa in rapporto alle conseguenze che causerebbe.
La Società Geologica Italiana, riunitasi il mese scorso a Napoli per valutare i rischi dell’attività vulcanica e dei fenomeni sismici su questi territori, ha evidenziato come un’esplosione vulcanica nei Campi Flegrei potrebbe rivelarsi come “uno dei più grandi disastri naturali che potrebbe colpire l’Italia”. Questo quanto dichiarato Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Per tale ragione bisogna investire in conoscenza. Anche perché la possibilità di prevedere le eruzioni sarebbe maggiore rispetto agli eventi sismici. “Napoli dev’essere consapevole. Spesso non si sa o non si vuole sapere, è un problema sociale”, spiega ancora Doglioni “Bisogna ascoltare di più i geologi. Continuare a dire che i terremoti non si possono prevedere è come se dieci anni fa qualcuno avesse detto che i tumori non si potevano curare. Sappiamo che il sisma avverrà e quanto sarà forte, ma dobbiamo avere degli indicatori che ci informino. Non siamo da meno del Giappone, ormai, ma ci vuole un approccio culturale diverso”.
Nel frattempo in agosto sono state pubblicate in Gazzetta le disposizioni per l’aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico ai Campi Flegrei. Sette i Comuni a rischio maggiore, da evacuare in caso di ripresa dell’attività eruttiva: Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto e parte del territorio dei Comuni di Giugliano in Campania, Marano di Napoli e alcune municipalità di Napoli. Il presidente dell’Ordine degli geologi Francesco Peduto ha ribadito: “C’è chi non è a conoscenza dei reali rischi con i quali convive. Molti comuni sono in colpevole ritardo e l’intera area continua ad essere ad altissima densità demografica”. La Regione ha ricevuto tra il 2007 e il 2013 14 milioni di euro per incentivare i Comuni a redigere piani di emergenza, ma molti non hanno rispettato i termini di presentazione della domanda. Ad oggi sono solo 135 i Comuni dotati di un piano locale di Protezione civile, almeno cento sono rimasti al palo. Sicuramente sarebbero necessarie nella cosiddetta “area rossa” nuove politiche abitative e urbanistiche che stentano a decollare. Ne è dimostrazione il fallimento del Piano Vesuvia, varato dalla giunta Bassolino nel 2003 che intendeva distribuire un bonus alle famiglie disposte ad acquistare o ristrutturare abitazioni poste al di fuori della zona rossa. Progetto che non funzionò per la scarsità di risorse e perché le case rimaste vuote venivano poi affittate in nero.
BC