
Sta facendo discutere la sentenza numero 47265/2016 della Corte di Cassazione, in base alla quale lasciare un succhiotto sul collo, come “segno” tangibile del possesso di una persona, può integrare il reato di violenza sessuale. La Suprema Corte ha così respinto il ricorso di un uomo contro la decisione della Corte d’appello che lo aveva condannato a 6 anni e 2 mesi di carcere per il reato ex art. 609-bis c.p. e lesioni personali aggravate ai danni della sua amante. La vicenda è ricostruita dal portale dello Studio Cataldi: l’uomo era accusato tra le altre cose di aver lasciato un “succhiotto” alla donna con l’intenzione precisa di “marchiarla” in modo visibile “a chiunque fosse interessato a una relazione con lei”. Secondo la difesa dell’uomo, invece, quel “morso d’amore” non aveva riguardato zone erogene, quindi non ci sarebbe stata violenza sessuale.
Per la Cassazione bisogna escludere che l’atto sessuale venga circoscritto ai soli “toccamenti delle zone (immediatamente) erogene del corpo, con esclusione di tutte le altre”. Inoltre, in questo caso sarebbe del tutto evidente che il succhiotto sul collo ha natura sessuale, poiché i segni sono evidenti, dimostrano un’indole piuttosto aggressiva e il bacio non si sostanzia in un mero “toccamento” delle labbra ma necessita di un’attività prolungata sul corpo, la quale – per durata e intensità – esprime “quella carica erotica che il concedersi con piacere alla bocca altrui comporta”. Nel comportamento dell’imputato dunque si coglie una certa carica erotica che ha avuto una sorta di funzione di strumento di “una riaffermata (e malintesa) signoria sulla donna con un simbolo (il livido lasciato sul collo) che vuol significare un’intimità sessuale esattamente percepibile e percepita come tale dai consociati senza necessità di ulteriori specificazioni”.
Leggi anche
Morto a 17 anni per un succhiotto sul collo: “Ha causato un ictus”
TUTTE LE NEWS DI OGGI – VIDEO
GM