L’ultimo saluto a Raffaello, l’infermiere dei bambini

Raffaello Lazzarini (foto dal web)
Raffaello Lazzarini (foto dal web)

Dolore e sgomento tra quanti conoscevano e apprezzavano Raffaello Lazzarini, infermiere della terapia intensiva pediatrica dell’Azienda ospedaliera di Padova, morto ad appena 49 anni dopo un anno e mezzo di lotta contro il tumore al cervello. L’uomo era e stato operato due volte con buoni risultati, ma un mese fa è stato colto da un’embolia polmonare che ha aggravato le sue condizioni. Lascia la moglie Donatella e il figlio Nicolò di 15 anni. Quest’ultimno ha voluto ricordare così il genitore: “Mio padre è sempre stata una figura ispiratrice, un modello di perfezione al quale ispirarmi. Abbiamo condiviso per tanti anni la passione delle automobili e dei rally. Avevamo il sogno di correre insieme un giorno e prima che si ammalasse ci siamo riusciti a bordo della nostra auto d’epoca, la quale rappresentava la nostra unione e sulla quale abbiamo passato molte ore assieme. È stato lui a formarmi e a farmi diventare ciò che sono”.

Da oltre 15 anni si prendeva cura dei bambini in pericolo di vita nel suo reparto e anche per questa sua indole era davvero ammirato da tutti. “È stato un fratello e un figlio meraviglioso”, dicono di lui la sorella Carmen e la mamma Giuliana, proseguendo poi: “Rimarranno nei nostri cuori i suoi sorrisi, le battute di spirito, le coccole e le strane invenzioni che servivano per risolvere ogni piccolo problema quotidiano. Invenzioni che a volte ci facevano dannare, ma anche divertire”. I familiari non si danno pace: “Questa mattina ti ha costretto ad un silenzio irreale, ci ha portato via le tue risate, la tua voce cristallina e gioiosa. Ma ci ha lasciato i tuoi occhi sinceri e le tue mani che sempre ci hanno accarezzato e confortato. È stato un onore averti avuto con noi e ovunque tu sia guardaci e sorridici, sentiremo ancora le tue risate, le tue carezze e ti manderemo tutto il nostro amore, sempre”. Enorme anche il vuoto che Raffaele Lazzarini lascia tra i colleghi, come testimonia il professor Andrea Pettenazzo, responsabile della terapia intensiva pediatrica: “È stato uno dei pilastri della nostra unità, lavorava con noi da oltre quindici anni. Il gruppo era molto legato a lui perché qui si lavora ogni giorno tutti insieme, fianco a fianco”.

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GM