
Lo scorso primo luglio, i giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno emesso la sentenza del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, che vede Massimo Bossetti, il muratore di Mapello unico imputato per il delitto, decidendo di condannare l’uomo all’ergastolo. A quasi cinque mesi di distanza, mentre Bossetti continua a proclamarsi innocente, in un’intervista al settimanale ‘Oggi’ parla lo scrittore Roberto Saviano, che dà un’altra lettura dei fatti, indirizzando le accuse verso un obiettivo specifico: “Il padre di Yara ha lavorato per la Lopav, un’azienda di proprietà dei figli di Pasquale Locatelli, superboss del narcotraffico, che aveva anche un appalto nel cantiere di Mapello”.
“Inoltre, alla festa della Lopav parteciparono tre magistrati della procura di Bergamo” – contesta ancora Roberto Saviano – “Mi sembra inquietante che non si sia indagato in quella direzione. Anche perché tutti e tre i cani molecolari usati nelle indagini, sono andati tutti dalla palestra in cui si allenava Yara al cantiere. Spero che in Appello si approfondiscano queste piste”. Non è la prima volta che Saviano chiama in causa i figli di Locatelli, in particolare Patrizio, e anzi – nel suo libro ‘Zero Zero Zero’ – aveva sostenuto che Fulvio Gambirasio, padre di Yara, avrebbe testimoniato contro Pasquale Locatelli. Da qui la querela per diffamazione di Patrizio Locatelli, assistito dall’avvocato Federico Cecconi di Milano, contro Roberto Saviano, rispetto alla quale il pm aveva chiesto comunque l’archiviazione del caso.
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GM