
Costretta a disertare il matrimonio del figlio perché il taxi – che aveva regolarmente prenotato con congruo anticipo – non si è mai presentato. Protagonisti dalla spiacevole disavventura una mamma disabile di Liverpool, Carol Cross, 60 anni, e suo marito Bill. La donna, paraplegica, ha dovuto rinunciare suo malgrado ad assistere al giorno più bello della vita di suo figlio, e – come ha poi raccontato ai colleghi di Metro.co.uk – si è ritrovata in casa “a piangere dentro” quando invece avrebbe dovuto partecipare alla cerimonia. All’inizio dello scorso novembre Emma Ahmed aveva chiesto ai suoi amici su Facebook se conoscessero una società di taxi affidabile con un veicolo “speciale” in grado di trasportare sua mamma al Birkenhead Registry Office il 18 dello stesso mese.
Il 2 novembre un impiegato della Britannia Taxis di Liverpool ha inviato a Emma un messaggio personale nel quale confermava la disponibilità ad assecondare le esigenze della signora, e la stessa Emma poche ore dopo ha chiamato la ditta per effettuare la prenotazione. Solo per assicurarsi che fosse tutto ok, il giorno prima del matrimonio ha richiamato ancora per ricevere un’ulteriore conferma. Nonostante abbia preso tutte le precauzioni possibili, tuttavia, il taxi non si è mai visto. A quel punto ha nuovamente chiamato la ditta, ma si è sentita rispondere che “tutte le auto erano fuori” e che la prenotazione non poteva essere rispettata. Data la peculiarità delle esigenze di Carol, era ormai troppo tardi per organizzare un nuovo viaggio in taxi. Insomma, la poveretta è stata abbandonata. “Mia mamma si è sentita letteralmente a pezzi – ha raccontato Emma – e mio padre non ha voluto lasciarla da sola, vedendola così disperata. Morale della favola: entrambi hanno disertato il matrimonio”. A quanto pare l’impiegato che ha gestito la prenotazione era nuovo del mestiere e ha commesso un errore di trascrizione. L’azienda si è offerta di compiere un “gesto i conciliazione” nei confronti della cliente bistrattata. Inutile però parlare di indennizzo o risarcimento per Carol, perché, dice Emma, “non c’è niente che si possa fare o dare per restituirle quel momento”. L’unica speranza, da parte sua e di tutti i suoi familiari, è che “nessun’altra persona disabile debba vivere la stessa esperienza”.


EDS