Renzi giura vendetta, la sua mossa: “Mi rivedrete presto”

(ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)
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Matteo Renzi ci ripensa dopo la sconfitta elettorale al referendum costituzionale di domenica, che egli stesso ha ammesso annunciando le dimissioni, una sconfitta che non lascia possibilità di appello, visti anche i sei milioni di voti di scarto. Al termine di un lungo vertice del Pd, a cui hanno partecipato Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Maurizio Martina e Matteo Orfini, il premier ha deciso di cambiare strategia: “Non lascio la bandiera delle elezioni anticipate a Grillo e agli altri. Se lo facciamo il Pd è morto, fa la fine che ha fatto dopo aver appoggiato il governo Monti”.

L’idea del Pd è semplice: si vota la legge di stabilità, poi elezioni subito, addirittura tra un paio di mesi secondo i loro calcoli. Lo chiarisce bene Lotti: “Abbiamo preso il 40 per cento nel 2012 e nel 2014. Ripartiamo dal 40 per cento preso domenica”. Ieri Renzi ha avuto due incontri con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quindi ha spiegato ai suoi collaboratori quali sono le sue intenzioni: “Intendo rispettare le indicazioni del capo dello Stato. Se non lo facessi sarei un bambino viziato. Appena approvata la manovra, però, me ne vado. Non so se accadrà venerdì o martedì prossimo. Dipende anche dall’atteggiamento dell’opposizione”.

“Se tutti dicono andiamo a votare il Pd non può essere l’unico partito a opporsi. Significa suicidarsi politicamente”, avrebbe detto Renzi a Mattarella nel corso del vertice. Il Capo dello Stato sarebbbe perplesso, soprattutto dopo il discorso di domenica notte, ma l’invito è a fare la conta all’interno del Pd, che comunque ha 400 parlamentari: “Se il Pd chiede le elezioni, non saremo certo noi a organizzare ribaltoni, non metteremo all’angolo Renzi”, è la tesi di Mattarella, mentre in caso di sfiducia al segretario, improbabile al momento, toccherebbe a Dario Franceschini, ministro della Cultura. “Lasciamo che nasca un governo Franceschini. Dario tiene uniti i gruppi parlamentari e il partito. Non ha intenzione di candidarsi a premier nel 2018. Renzi fa il congresso, lo vince e si ripresenta alle elezioni”, sarebbe la proposta dei parlamentari vicino al ministro, ma sembra un’ipotesi ben lontana dal realizzarsi e sfumano anche quelle di governi a guida ‘tecnica’.

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GM