Drammatico il racconto di Deborah Percolla, 26 anni, la giovane mamma a cui nel luglio 2015 il personale medico ha negato il parto cesareo per evitare lo straordinario: “Li imploravo di farmi il cesareo, ma loro mi ignoravano. Ora mio figlio è disabile e non so ancora un giorno potrà parlare e camminare, non so nemmeno se sente la mia voce”. La donna si confida in un’intervista al ‘Corriere della Sera’: “Per un cesareo da me chiesto e mai effettuato perché quelle signore in camice bianco mi lasciavano sbattere, nonostante i miei dolori, nonostante la sofferenza del piccolo”.
La giovane mamma è precaria, suo marito è disoccupato: la loro vita è tutt’altro che semplice e crescere un figlio disabile lo è ancora di più. “Viviamo qui, a casa di mia nonna materna. Ospiti. Non so cosa farei senza di lei. Aiutati da lei che fa la babysitter in quelle quattro ore di mia assenza. Aiutati anche da amici, da parenti per sostegni concreti. Ma giuro che un giorno restituiremo tutto”, racconta la donna, a qualche giorno dalla sospensione dall’attività medica delle tre dottoresse.
Spiega quindi che la diagnosi sulle condizioni del figlio non è ancora precisa: “Mi terrorizza l’ipotesi di tetraparesi spastica con indebolimento del tronco neuroencefalico. Dicono che bisogna aspettare ancora qualche anno per esser sicuri e noi speriamo il meglio, ma intanto passiamo da un medico all’altro, provando terapie, contatti con neuropsichiatri, impegnando tutto quel poco che abbiamo, che raccogliamo, cercando comunque di non fare mancare mai niente al bambino…”.
Infine Deborah Percolla ricostruisce i fatti di quel giorno: “Arrivai convinta di dovere partorire subito. Passavano le ore, ma non facevano niente. Ho chiesto il cesareo alle due dottoresse che si avvicendavano, Palano e Currao. Il travaglio non finiva mai. Era chiaro che stava precipitando il mondo… Poi s’è scoperto che il cordone ombelicale stava strozzando mio figlio, che c’era una sofferenza evidente nei cinque tracciati praticati… Ma s’è scoperto quando le due dottoresse avevano finito il turno, alle ore 13, senza dire niente ai colleghi che subentravano, forse nemmeno alla Paola Cairone che ha poi effettuato una manovra spingendomi l’addome…”.
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GM