
Almeno 50mila combattenti del sedicente Stato islamico sono morti in Iraq e Siria negli ultimi due anni, uccisi dai bombardamenti della coalizione internazionale a guida Usa: sono dati dell’esercito statunitense, secondo il quale si tratterebbe di una “stima al ribasso”. Più volte, gli Usa ci hanno tenuto a mettere in luce come l’Isis abbia la capacità di rimpiazzare velocemente i propri combattenti. “La campagna sta avendo un impatto sul nemico”, si legge nel rapporto americano, che evidenzia inoltre come i bombardamenti potrebbero essere intensificati in aree come Mosul, dove si lotta da settimane per strappare definitivamente la città alle milizie jihadiste.
Più volte gli Usa hanno fornito i numeri riguardanti le forze in campo da parte dell’Isis: a febbraio, il capo dell’ufficio stampa della Casa Bianca Josh Ernest aveva detto che in Iraq e Siria combattevano circa 25mila miliziani dell’Isis, ad agosto invece il generale Sean Mac Farland, citato da Associated Press, aveva parlato di 45mila nemici uccisi. Numeri sicuramente discrepanti, ma quel che appare certo è che quest’anno – sotto l’attacco incrociato di forze irachene, peshmerga curdi e bombardamenti della coalizione internazionale, oltre che di Russia, Siria e Turchia – l’Isis ha perso gran parte del potenziale che aveva raggiunto nel periodo di sua massima espansione e pericolosità, nel 2014.
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GM