Stuprata nel centro sociale: il muro di omertà dei ‘compagni’

(websource/archivio)
Una vicenda che lascia davvero senza parole e che risale al settembre del 2010, quando nella sede della “Raf”, la rete antifascista di Parma, un centro sociale del capoluogo emiliano, una giovane venne abusata dal branco mentre era in stato di incoscienza. In base alla ricostruzione, gli stupratori erano in tre e solo ora, a distanza di sei anni,  è iniziato il processo, anche a causa dell’isolamento in cui si è ritrovata la giovane dopo gli abusi. Il tutto sarebbe stato ripreso in un video girato con il telefonino.

La vicenda non sarebbe mai emersa se quel video non fosse finito nelle mani dei carabinieri nel 2013, mentre indagavano su una bomba carta esplosa davanti alla sede di CasaPound. In quell’occasione, vennero infatti sequestrati alcuni telefonini ed emersero quelle immagini. Ora – in documento – un gruppo di ragazze sotto la sigla “Romantic Punx” denuncia che i centrosocialisti avrebbero isolato e allontanato quella ragazza, proprio perché aveva parlato con gli “sbirri”. Sotto accusa anche gli altri ‘compagni’, perché in tanti pur sapendo non avevano rotto il muro di omertà.

Alcuni militanti l’avrebbero addirittura contattata per convincerla ad “alleggerire” le dichiarazioni rese, tant’è che l’inchiesta si è allargata e diverse persone sono state indagate per favoreggiamento: l’importante, secondo gli inquirenti, era tenere lontana la polizia dal centro sociale. Ora arriva la denuncia del collettivo femminista, perché “uno stupro è sempre un atto fascista, anche se chi lo commette si dichiara antifascista”.

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