Morta la giornalista “Wondy”, il ricordo straziante del marito

‘Wondy’ (foto da Facebook)

Alessandro Milan, giornalista di Radio 24, ha commosso tutti con la sua straziante e tenerissima lettera d’addio rivolta alla moglie Francesca Del Rosso, per tutti Wondy. “Non vi racconterò stupide favolette. Wondy ha perso la battaglia. Perché lei voleva vivere. Francesca amava follemente vivere. Di più: non ho mai conosciuto una persona più attaccata di lei alla vita. Sempre gioiosa, sempre sorridente, sempre ottimista, sempre propositiva, sempre sul pezzo, sempre avanti. In studio, a casa, c’è il faldone in cui ha raccolto sei anni di referti della malattia”, scrive.

Poi ricorda ancora: “Poco prima di andarsene, tra i sospiri, ha detto a un medico: ‘Siamo vicini a Natale, se non erro. Se lo goda tanto, lei che può. Io purtroppo sono qui’. Però, dopo mezz’ora, mi ha chiesto se il tal primario che tanto le vuole bene avesse dei figli. ‘Ma perché lo vuoi sapere?’ E non scorderò mai quel gesto lento delle mani che roteano e la bocca che si corruccia. ‘Così… gossip’. Questa era lei. Altruista fino all’estremo. Curiosa con purezza”.

Il messaggio dedicato dal giornalista alla sua ‘Wondy’, moglie e collega, prosegue: “Moglie mia, hai perso la battaglia dunque. Ma hai lasciato tanto. A me due splendidi bambini, al mondo una forza incrollabile, una positività che emanava luce. Sfido chiunque ti abbia conosciuta a raccontarmi una volta in cui ti ha vista o sentita piegata dalla vita. ‘Ho avuto una vita piena – mi dicevi in ultimo -. Ho fatto il lavoro che volevo, ho scritto libri, ho avuto una bella famiglia, ho viaggiato in mezzo mondo’. Però aggiungevi anche che ‘certo, è dura accettare tutto questo. Mi spiace un po’ non vedere crescere i bambini. Pazienza…’. Ma io so che avresti voluto urlare di rabbia, perché tu volevi vivere ancora a lungo”.

Alessandro Milan è affranto dal dolore, ma lucido nel ricordo: “Hai sorriso. Fino all’ultimo secondo, fino a quando la morfina non ti ha stritolata, hai sorriso quando ti dicevo di chiudere gli occhi e tenermi per mano sulle spiagge di Samara, in Costarica; nelle praterie del Kruger a cercare leoni, tra i coralli delle Perenthian a scovare squali, nelle viuzze della Rocinha a scrutare umanità, nelle cascate giamaicane, nei templi induisti di Bali, nei mercatini di Chiang Mai, tra le casette variopinte del Pelourinho di Salvador, tra le pietre millenarie della via Dolorosa a Gerusalemme, insomma in uno qualsiasi degli infiniti luoghi in cui mi hai portato, sempre in cerca di vita e emozioni”.

Poi ricorda che chiamava ‘Harry Potter’ la sua ‘Wondy’ e conclude: “Ora vai, Harry. Che la Vita finalmente ti sorrida un po’. Veglia sui tuoi bimbi, sorreggili, guidali. Vai lassù, faccia da ranocchia. Porta anche Leo, il neo. Ciao, nasino freddo. Tic-ti-tic. Tic-ti-tic. Le senti, le fedi che si sbaciucchiano? Prometto di rispettare le tue ultime volontà. Tranne una. Perdonami. Prometto di prendermi cura dei nostri bambini. Prometto di portarti sempre con me. Ti chiedo un ultimo sforzo: da lassù getta sul capo di ognuno di noi una goccia del tuo inesauribile ottimismo. Basterà e avanzerà per capire come si vive sorridendo. Se poi, tu e Rudy, vorrete buttarci giù anche una goccia di mojito, ci terremo pure quella. Alla tua. Alla vostra. Mi vivi dentro. Tuo, Ale”.

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GM