“Io schiava dell’Isis, vi racconto la mia fuga” – FOTO

Lamiya Aji Bashar (foto dal web)

Nei mesi scorsi, era divenuta di dominio pubblico la vicenda di Lamiya Aji Bashar, una ragazza di 18 anni che è riuscita a fuggire dall’Isis dopo due anni di prigionia e di atrocità assurde. La giovane ha subito ferite gravissime e tra le altre cose ha perso l’uso di un occhio, ma è salva e ha lanciato appelli perché venga fatto il possibile per la sorella di nove anni, ancora in mano dei jihadisti. La giovane donna era stata condannata da un giudice della sharia: “Ha detto che o mi devono uccidere o tagliare il mio piede per impedirmi la fuga”, ha spiegato al ‘Daily Mail’.

“Gli ho risposto che se si tagliava un piede poi sarei fuggito con l’altro. Ho detto al giudice che non avrei mai rinunciato alla mia libertà. Così hanno contrabbattuto che avrebbero continuato a torturarmi se avessi cercato di scappare”, ha proseguito Lamiya Aji Bashar nel suo racconto. Al quinto tentativo, la fuga riuscì, non senza gravi conseguenze: mentre con una ventenne e una bambina di otto anni provavano a scappare, esplose una mina antiuomo, che uccise le sue due compagne, mentre lei rimase cieca di un occhio e con la faccia totalmente sfigurata. La giovane racconta ancora: “Sono riuscita alla fine, grazie a Dio, sono riuscita ad allontanarmi da questi infedeli. Anche se avessi perso entrambi gli occhi, ne sarebbe valsa la pena, perché sono sopravvissuta”.

Lamiya è stata rapita dal villaggio di Kocho, vicino alla città di Sinjar, durante l’estate del 2014. I suoi genitori sono presumibilmente morti. Durante il tempo in cui è stata prigioniera in Siria e in Iraq settentrionale, Lamiya Aji Bashar ha visto bambini venduti ad adulti come schiavi del sesso, e lei fu costretta a contribuire a fare attentati suicidi. In un’occasione venne chiusa in una stanza e violentata da quaranta uomini contemporaneamente. “Questi uomini sono stati più che mostri”, ha detto ancora la giovane, che ha raccontato poi della sorella di nove anni nelle mani dei carnefici dell’Isis.

Cinque altre sorelle sono tutte riuscite a fuggire e in seguito sono state trasferite in Germania. Un fratello più giovane, tenuto per mesi in un campo di addestramento Isis a Mosul, ha potuto di recente riabbracciare i suoi cari a Dahuk, una città nella regione curda irachena. Il primo “proprietario” di Lamiya è stato Abu Mansour, che vive nella città di Raqqa, roccaforte dell’Isis in Siria. Lui l’ha brutalizzata, spesso mantenendola ammanettata e in due occasioni la giovane ha tentato inutilmente la fuga. Successivamente è stata venduta a un costruttore di bomba, che lei era costretta ad aiutare nella fabbricazione di giubbotti suicidi e autobombe. Anche in questo caso, “ho cercato di fuggire da lui e mi ha catturato”. L’ultimo a ‘possedere’ Lamiya Aji Bashar è stato un medico di Hawija, una cittadina irachena, anche egli legato all’Isis, poi finalmente la fuga riuscì.

Nello stesso periodo in cui diveniva di dominio pubblico la vicenda di Lamiya, arrivava la notizia riportata dal sito iracheno Eyoonn che cita fonti curde: “Hanno rifiutato di fare sesso con i miliziani. Per questo 19 ragazze yazide sono state bruciate vive”. Secondo quanto scrive il portale, gli uomini del Califfato “hanno bruciato le ragazze yazide perché rifiutavano di compiere la Jihad del sesso”. Infine, l’annuncio choc diffuso dall’Isis attraverso Instagram e che riguarda una delle 3mila prigioniere yazide: “Vergine. Bella. Di dodici anni. Il suo prezzo è di 12.500 dollari e presto verrà venduta”.

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GM