“C’è stato uno scambio di culla”: 30 anni dopo la terribile verità

(Websource / Mirror)

Trent’anni. Tanto ci è voluto perché Zoya Tuganova, 70enne di Chelyabinsk, in Russia, venisse a conoscenza della terribile verità su sua figlia. E vedesse tutta la sua vita andare in frantumi sotto i colpi di tre semplici parole: “Scambio di culla”. Un “errore” che ha devastato due famiglie cambiando il loro destino per sempre.

Dopo trent’anni, dunque, Zoya ha scoperto che la sua vera figlia – quella che per nove mesi aveva portato in grembo – di chiama Luciya. E ha potuto finalmente abbracciarla. Quello che in un primo momento era stato un fortissimo sospetto, si è rivelato essere la drammatica realtà. Con l’aggravante che la sua “bambina” aveva finito per vivere un’esistenza di stenti in una famiglia “difficile” prima di finire in un orfanotrofio.

Quell’ipotesi “assurda”
Torniamo al 29 gennaio 1987. Zoya aveva partorito una bimba: l’aveva vista appena nata, poi gliel’avevano portata via per “accudirla”. Quando le hanno rimesso quel fagotto in braccio, però, lei si è subito accorta che c’era qualcosa che non andava: la sua bambina era diversa, non era quella che aveva baciato poche ore prima. In quel momento è iniziata per Zoya una battaglia destinata a infrangersi contro un muro di minacce innalzato dall’ospedale. Tanto che se avesse insistito con quell’ipotesi, definita “assurda”, avrebbero richiesto per lei una perizia psichiatrica.

Così, afflitta e sconsolata, Zoya ha portato a casa quella bambina, Katya, allevandola ogni giorno come se fosse sua figlia. E difatti la piccola è cresciuta circondata dall’affetto di una famiglia che non le ha mai fatto mancare nulla. Da piccola ha avuto qualche problema di salute e i genitori le hanno garantito le migliori cure. Poi le hanno assicurato una vita agiata, l’hanno fatta studiare nelle migliori scuole e le hanno trovato un lavoro nelle ferrovie russe, proprio dove Zoya aveva lavorato per anni.

La stessa fortuna, purtroppo, non è toccata alla bimba che Zoya aveva messo al mondo: Luciya aveva avuto un’infanzia difficile e una vita complicata. Quando Elvira Tuligenova la portò a casa, il padre riconobbe immediatamente che quella bambina non poteva essere sua figlia. In preda a una folle gelosia, e convinto che Elvira lo avesse tradito, cominciò a maltrattare pesantemente la donna finendo per uccidere l’uomo che aveva identificato come il suo amante. A seguito dell’omicidio il marito di Elvira finì in carcere, mentre lei, distrutta e provata da quanto accaduto, cominciò a bere e dopo qualche tempo morì alcolizzata, lasciando Luciya – allora 13enne – e i suoi fratelli soli al mondo. Per qualche tempo i piccoli furono costretti a mendicare in cerca di cibo, finché non furono affidati a un orfanotrofio.

Di nuovo insieme
Zoya, però, non si era mai scordata di Luciya. E con l’aiuto di Katya, che conosceva quella storia in ogni minimo particolare, hanno iniziato a cercarla e l’ha trovata. L’incontro tra mamma e figlia è stato, com’è facile immaginare, molto commovente. Un successivo esame del dna ha confermato quel che ognuna di loro ormai sapeva per certo. E per Zoya è stato un colpo al cuore venire a conoscenza delle condizioni in cui era dovuta crescere la sua “bambina”. “Quando l’ho vista ho notato subito la somiglianza – ha raccontato Zoya al Siberian Times – . Sono sconvolta al pensiero della vita ha dovuto fare: non ha studiato e oggi ha tre figli, non ha un impiego e suo marito fa dei lavoretti saltuari. È una persona tranquilla e umile”.

Anche Katia, conoscendo la storia di Luciya, è rimasta sotto choc: “Se fossi finita in quella famiglia sarei morta, visto i problemi di salute che ho avuto da piccola. Vedevo mia madre che stava male e volevo aiutarla a trovare sua figlia e così, dopo tanto tempo passato a cercarla, siamo riusciti a riunirci”. Già, perché nel frattempo la famiglia si è allargata: Katya ha un bambino di otto anni, e Luciya ha messo al mondo tre figli. Zoya adesso non ha alcuna intenzione di farla passare liscia a quei medici che volevano rinchiuderla in un ospedale psichiatrico per quelle che loro definivano “pure illazioni”. Ha già avanzato tramite i suoi legali una richiesta di risarcimento di circa 45mila euro. “Qualcuno dovrà pagare per questo errore – dice – . Ricordo i nomi dei dottori e spero che venga fatta giustizia per quello che ci è capitato”.

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