Stanca della vita tradizionale, una famiglia opta per la vita da nomadi

Vita
(Websource/Archivio)

Il futuro è la più grossa incognita della nostra vita. Sin da piccoli siamo abituati a guardare in avanti allo scopo di pianificare il tempo successivo ed ogni scelta che compiamo è un mattone sul quale si poggerà il nostro cammino. L’Italia si trova in un periodo di crisi e cambiamento in cui tutte le certezze che hanno accompagnato le generazioni precedenti sono scomparse, il che rende maggiormente problematico effettuare delle scelte a lungo termine. Se un tempo, infatti, si pensava ad una formazione accademica al fine di entrare nel mondo di lavoro a tempo pieno e senza ulteriori stravolgimenti, oggi la prospettiva è leggermente cambiata ed i ragazzi che si immettono nel mondo del lavoro devono essere pronti a scommettere continuamente su loro stessi, magari cambiando spesso lavoro oppure, semplicemente cambiando Paese.

C’è chi, però, ritiene che questo genere di compromesso, in un paese in cui la corruzione ha raggiunto ogni strato sociale, non sia accettabile e decide di non conformarsi all’andamento generale della società per trovare uno stile di vita che per l’appunto è anti conformista. Questo è sicuramente il caso di Massimo e Virginie: un giorno, mentre si trovano in viaggio in Brasile, i due si soffermano a pensare al futuro dei propri figli e decidono che l’Italia non è il paese adatto dove farli crescere, così abbandonano tutto in cambio di una vita rurale nelle campagne di Belo Horizonte.

Negli otto anni passati in Brasile, la famiglia vive soddisfacendo le necessità primarie, ma presto anche quel contesto appare non ottimale per la crescita dei ragazzi: il problema non è la povertà, bensì il pessimo sistema scolastico. La coppia capisce che per il bene dei propri ragazzi è necessario cambiare nuovamente Paese, pensano al Portogallo, ma alla fine optano per una vita da nomadi in giro per le strade del bel paese. Questa scelta induce a pensare che la coppia abbia in qualche modo tradito le proprie idee: sono tornati in un paese corrotto e senza prospettiva come l’Italia, in più lo stile di vita da nomade non permette un’istruzione di primo livello ed infine si pone il problema di come soddisfare le esigenze primarie senza un lavoro.

Se alla prima contraddizione Massimo e Virginie hanno ovviato scegliendo uno stile di vita che non deve tenere conto delle falle del sistema italiano, per quanto riguarda la questione lavoro ed istruzione hanno optato per delle soluzioni originali. La coppia si ferma di tanto in tanto in posti in cui possano lavorare da volontari in cambio di cibo per loro ed i figli. Hanno deciso di limitare al massimo il soddisfacimento delle esigenze non primarie: nessuna televisione, computer o macchina. Persino la necessità di vestiti viene soddisfatta attraverso il baratto e quando non è possibile lo scambio approfittando delle donazioni.

Per quanto riguarda invece l’istruzione, la famiglia ha optato per un sistema parentale in cui sono gli stessi genitori a fornire le basi ai figli sulle materie principali per poi lasciarli liberi di approfondire la materia o l’argomento che più solletica la loro curiosità. Una vita da nomadi è sicuramente faticosa (non permette di creare legami stabili) ma questa famiglia vive la sfida con coraggio e serenità, appuntando ogni tappa del loro viaggio in un blog chiamato ‘Seven on the road’, chissà che non funga da ispirazione per qualcuno.

F.S.