I figli della vittima di Igor, duro attacco ai Carabinieri: “Chiedete scusa”

Igor
Igor Vaclacic/Norbert Feher (foto dal web)

Il quadro che sta emergendo in merito alle ricerche dei Carabinieri di Igor, il killer di Budrio, è davvero desolante. Tra errori, ritardi e mancate comunicazioni pare che chi era incaricato di catturare il pericoloso assassino si sia davvero comportato non solo in un modo poco consono e produttivo, ma addirittura contro producente. Ora i figli della seconda vittima di Igor, la guardia ecologica volontaria Valerio Verri, freddato nelle campagne del Mezzano, hanno scritto una lettera indirizzata proprio al comandante dei Carabinieri che coordinava le ricerche, un durissimo atto di accusa che non può lasciare indifferenti.

Secondo i figli di Verri infatti loro padre è stato mandato in quelle campagna anche se si sapeva già che Igor, che pochi giorni prima aveva ucciso il barista Davide Fabbri, molto probabilmente si nascondeva proprio in quelle zone. Il comandante dei Carabinieri di Ferrara hanno già messo le mani avanti dicendo che “si sono acquisiti elementi sulla possibile presenza di Norbert Feher alias Igor Vaclavic nelle valli del Mezzano, solo dopo i fatti delittuosi del tragico 8 aprile (giorno proprio della morte di Verri, n.d.r.)”.

Ma i figli non ci stanno: “E’ sicuro di ciò che dice? Non crede sia meglio invece tacere e magari chiedere scusa? O chiedere scusa non è contemplato per un colonnello dei carabinieri, anche quando commette errori imperdonabili che sono costati la vita di una brava ed onesta persona che l’unico torto che ha avuto è stato quella di avere una grande passione per la sua terra e per l’ambiente? Allora se lei non intende chiedere scusa, lo facciamo noi per lei. Chiediamo scusa a tutti i bravissimi carabinieri che lavorano sotto di lei ai quali va comunque la nostra riconoscenza, il nostro rispetto ed il nostro affetto. Chiediamo scusa per la situazione in cui ora si trovano e non certo per colpa nostra o di nostro padre. Non è d’accordo? Noi siamo gente semplice, colonnello – concludono i due giovani -, e siamo, non come lei, normali cittadini che non si sentono sopra alla legge. Lei non sa quanto ci sia costato guardare quel fascicolo, vedere la foto del corpo senza vita di nostro padre. La teniamo qui, colonnello. Continuiamo a leggere la sua nota: ma è sicuro di ciò che dice?”.

F.B.